TRANSUMANZA

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mercoledì 1 settembre 2010

Sarvodaya alcuni mesi dopo

Si sta avvicinando il momento della mia prevista partenza. Sempre che non subentrino altre complicazioni. Il soggiorno in Sri Lanka sembra dunque essere più breve del previsto. Credo ci sia l’opportunità, ora, di fare un primo bilancio di questa mia seconda visita a Sarvodaya, dopo averci vissuto tre mesi, dalla fine di settembre alla fine di dicembre 2009.
Nel post precedente auspicavo di poter fare un report positivo. Auspicio parzialmente realizzato. Ho trovato un certo miglioramento, qui, nel quartier generale dell’organizzazione, in un sobborgo a sud di Colombo. Finalmente internet funziona bene laddove nel mio precedente soggiorno la connessione veniva continuamente interrotta dal singhiozzare del server anche in virtù di un’infinità di virus che infettavano i molti computers.
Avere internet in efficienza è oggi fondamentale quasi quanto poteva essere, un paio di decenni fa, avere dei buoni collegamenti telefonici. Mister Bandula, dell’International Division, mi ha riconosciuto il merito di averli scocciati non poco sul fronte dell’efficienza di internet e che questo li ha indotti a prendere cruciali provvedimenti.
L’offerta di cibo nella canteen del quartier generale è anche migliorata, a mio parere; è un po’ più ricca, meno monotona. L’ospitalità, nell’ostello internazionale, ha mantenuto un buon livello qualitativo, sono state cambiate alcune zanzariere nelle stanze e dunque vi si respira un’aria meno misera (le zanzariere bucate erano davvero deprimenti, nel corso del precedente soggiorno). Alcune migliorie sono anche state fatte nell’altro ostello, di un’organizzazione originata da una costola di Sarvodaya (Sarvodaya Suwaseta), dove ho alloggiato con il mio amico inglese Peter, attivo da anni nella cooperazione per lo sviluppo ed attualmente impegnato in Africa, tra la fine di novembre e la fine di dicembre 2009. Anche in quel caso, io e Peter ci siamo fatti sentire e non abbiamo nascosto rimostranze e lamentele. Fa senz’altro piacere vedere che qualcosa si sta muovendo ma, a seguito di un’intervista che ho fatto oggi al presidente di Sarvodaya, il Dr. Ariyaratne, lasciare troppo spazio all’entusiasmo sembrerebbe davvero non essere saggio. Ho iniziato la mia intervista chiedendogli di illustrare una breve panoramica della situazione srilankese attuale. Mi ha detto che, malgrado la guerra civile sia formalmente finita da più di un anno, ormai, la spirale di violenza nella società civile non è ancora cessata. Sull’isola gira un quantitativo impressionante di armi e casi di omicidio sono tutt’altro che infrequenti. La situazione politica è oggi stabile, il governo attuale gode di forti consensi e questo, a parere del Dr. Ariyaratne, è un’arma a doppio taglio. Se infatti sembra proprio che a livello economico il paese stia risalendo la china, una maggioranza così marcatamente forte può, se non essere un rischio per la democrazia, non dare la possibilità al processo democratico di crescere in termini di maturità. La proposta di Sarvodaya è molto gandhiana e vinobiana: rinforzare la dimensione politica e decisionale del villaggio, lasciare maggiore spazio alle comunità locali affinchè possano godere di una maggiore sovranità sul proprio territorio ed esprimere i rappresentanti distrettuali che, a loro volta, esprimano i rappresentanti parlamentari.
E’ una visione affascinante per quanto rischi di essere utopica nella misura in cui, da che mondo è mondo, il potere tende a seguire logiche di accentramento più che di decentramento. La storia insegna che ci sono esperimenti ragionevolmente riusciti di “decentramento federale”, basti pensare agli Stati Uniti d’America, alla base dei quali è sempre cruciale, tuttavia, il concetto di stato, non quello di comunità locale.
La proposta gandhiana dei consigli di villaggio, in India, ha avuto, a sua volta, ben poco successo nella misura in cui la stessa Repubblica Indiana si è strutturata come governo federale di stati in cui i villaggi hanno, salvo eccezioni, un ruolo trascurabile.
Questo non toglie che in uno stato piccolo come lo Sri Lanka la proposta di Sarvodaya possa avere un margine più ampio di applicazione e questo ne potrebbe fare un interessante soggetto sperimentale.
Sappiamo del resto che cercare di far guadagnare spazio alla comunità è un intento del movimento delle comunità intenzionali e degli ecovillaggi. Non mancano grandi pensatori contemporanei che hanno ipotizzato un futuro meno statuale e più comunitario.
Accanto ai già citati Gandhi e Vinoba, focalizzerei l’attenzione anche su Osho Rajneesh, figura maggiormente dinamica e meno conservatrice e sul grande maestro spirituale Paramahamsa Yogananda che ha concepito i Villaggi Ananda come un sistema di colonie di fratellanza mondiale. Sembra, insomma, che il seme comunitario abbia radici più profonde in Oriente che in Occidente. Sappiamo, del resto, che in Occidente teorici importanti del vivere comunitario si sono ritrovati sotto “l’ombrello” del socialismo utopistico e del pensiero e del movimento anarchico. Oggi che il pensiero socialista è in crisi chi può portare avanti gli ideali comunitari? Il movimento delle comunità intenzionali e degli ecovillaggi sta crescendo di scala e dunque non credo ci si debba preoccupare se non degli aspetti immediatamente pratici della questione.
Tornando a Sarvodaya, non ho potuto non domandare al Dr. Ariyaratne quali sono i rapporti dell’organizzazione con il GEN di cui rappresenta un “fiore all’occhiello”.
Mi ha risposto che il desiderio di maggiori contatti, maggiore cooperazione, scambio di visite, di persone, di volontari sarebbe uno dei maggiori intenti di Sarvodaya che, tuttavia, in questa fase è immobilizzata da problematiche di natura economica. In questo non mi sembra esserci stato un gran miglioramento da otto mesi a questa parte. La crisi grossa che si sta trovando ad affrontare l’organizzazione è proprio di natura finanziaria. Come accennavo su questo blog, come del resto sul mio ultimo libro Comuni, comunità, ecovillaggi, Sarvodaya, come Organizzazione Non Governativa, ha beneficiato per molti anni di un sistema di donazioni con il quale è riuscita a realizzare diversi ambiziosi progetti. Oggi questo sistema sta direzionando fondi verso paesi ritenuti più bisognosi e dunque Sarvodaya si sta trovando alle prese con un grande vuoto economico da colmare. Si sta dunque pensando di inaugurare una nuova fase, maggiormente imprenditoriale, per essere meno dipendenti dalle donazioni. Su questo, tuttavia, sembra proprio che l’organizzazione sia ancora abbastanza indietro. E’ stata difatti permeata, per tanti anni, da una cultura del finanziamento esterno, del contributo volontario ed oggi sta avendo grande difficoltà a convertirsi ad una logica maggiormente di mercato.
Idee, comunque, non ne mancano, il Dr. Ariyaratne me ne ha illustrate diverse. Senza soldi è difficile fare network, lavorare in rete, aprirsi ad una dimensione internazionale e questo monito, emerso dalla conversazione con Ariyaratne, credo debba essere tenuto presente in tutto il movimento comunitario dove mi sembra ancora si coltivino, qua e là, visioni di ingenuo pauperismo, quasi una paura infantile del denaro e delle logiche che ne aiutino la circolazione.
Credo che buoni esempi debbano essere identificati in esperienze comunitarie come Damanhur, in Italia (che ha circa 80 attivita’ economiche e di servizio) o Auroville, in India, dove sono molto attive aziende che producono tè, incensi, tessuti, materiale da cartoleria ed altro ed esportano in buona parte del mondo. Credo possano davvero rappresentare un buon esempio per Sarvodaya e per il movimento comunitario tutto che, nei miei auspici, è bene sia sempre più prospero, sempre meglio organizzato per rappresentare un gruppo di interesse con buona incisività a livello sociale, politico, culturale. Un movimento povero e disorganizzato credo invece non possa avere alcuna possibilità di uscire dalla propria piccola nicchia e dunque di estendere le sue piccole/grandi intuizioni, le sue piccole/grandi conquiste rischiando, piuttosto, di ricadere in un’inutile autoreferenzialità.
Tornando, in chiusura, a focalizzare l’attenzione su Sarvodaya, il fermento di idee che ho ritrovato in questa mia seconda, breve permanenza per una rinascita economica dell’organizzazione non può che rappresentare un buon presupposto perchè questa avvenga realmente. Il desiderio di lavorare in rete, l’apertura internazionale, per quanto limitata oggi dalle problematiche cui si faceva cenno, è anche molto promettente. Sarvodaya è difatti un’organizzazione che può avere molto da insegnare in quanto forte di oltre cinquant’anni di esperienza comunitaria e di impegno sociale. Aiutarla a disincagliarsi dalle sue secche credo possa essere cosa buona per chiunque senta di avere una sensibilità comunitaria. Viverealtrimenti ha avviato una piccola esperienza pilota, di vendita di alcuni prodotti di artigianato “made in Sarvodaya”. E’ un piccolo passo, una piccola iniziativa che può però ispirarne di simili, ad esempio presso altre realtà comunitarie in modo da affermare una presenza effettiva del movimento nella singola esperienza di comunità, un’effettiva solidarietà per un futuro di maggiore cooperazione e mutuo appoggio. Per un futuro in cui vivere in comunità sia sempre meno prerogativa di una minoranza di eccentrici ed un laboratorio sociale con riverberi via via più luminosi nel cosiddetto “mondo ordinario”.
Consiglio a tutti una visita al sito www.sarvodaya.org e se qualcuno dovesse avere l’impulso a fare una donazione, credo di poter garantire che non verrebbe fatta a vuoto e che Sarvodaya stia continuando a meritare un piccolo/grande supporto.