Un articolo di Mauro Casadio Farolfi, Presidente dell'Associazione Città dell'Uomo
Auroville: il respiro di un’ intelligenza spirituale.
Non è con la ragione che si riesce a varcare i limiti della razionalità.
Il battesimo del grande viaggio in India era previsto per il 29 luglio 1979.
A Imola era una giornata caldissima, quasi afosa, un anticipo di quel clima che avrebbe accompagnato me e Roberta nelle settimane successive. In realtà, giunti a Bombay fu un monsone della durata ininterrotta di cinque giorni a darci il benvenuto; il tasso di umidità era insopportabile, tale da convincerci a proseguire il nostro viaggio puntando verso il nord del Paese.
Fu un lungo itinerario – rigorosamente in treno – attraverso i luoghi turistici dell’India: Agra, Jaipur, Delhi, Benares, Madras, ma anche in tanti minuscoli paesi e villaggi dell’immensa campagna indiana, ben lontani dai falsi splendori delle città caotiche e chiaramente già in piena trasformazione occidentale.
Tutto ci apparve come narrato dalle parole di Piero Verni e Folco Quilici, nelle immagini dei documentari di Pasolini e nelle foto di Raghu Rai: colori forti, odori indimenticabili, contrasti sociali, suoni melodiosi e talvolta noiosi, un insieme di percezioni che molti viaggiatori definiscono come “mal d’India”, insieme di sensazioni speculari, per certi aspetti, al più noto e desertico mal d’Africa.
L’India è davvero un continente dai mille volti e dalla cultura millenaria, mosaico di popoli e di idiomi capace di offrire oggi come un tempo, e al li là dei luoghi comuni, l’opportunità di cambiare punto di vista, “di cambiare se stessi – come afferma lo scrittore Tiziano Terzani – e con questa rivoluzione interiore dare il proprio contributo alla speranza di un mondo migliore”.
Le ultime due settimane del nostro viaggio erano previste a Pondicherry, dove ci attendevano una decina di amici imolesi partiti assieme a noi dall’Italia un mese prima. Pondy era una cittadina (ora conta un milione di abitanti) affacciata sull’Oceano Indiano a duecento chilometri da Madras, già protettorato francese e sede dell’Ashram di Sri Aurobindo Ghose, luogo in cui egli visse gli ultimi quarant’anni prima di abbandonare il corpo nell’agosto del 1950. Nato a Calcutta nel 1872,figlio di un medico educato in Occidente ,Auobindo fu inviato in Inghilterra all’età di sette anni e la sua istruzione di base ebbe luogo in Inghilterra e Francia. Acquisì una profonda conoscenza della cultura greco-romana ed europea, estesa alle principali nazioni, lingue e letterature compresa quella italiana, prima di tornare ventenne in India, terra di cui fino a quel momento aveva ignorato quasi tutto.
In patria svolse un’intensa attività politica per l’indipendenza per una quindicina di anni. Contemporaneamente si diede ad uno studio approfondito dello Yoga e delle principali tradizioni spirituali dell’India.
Nel1908 su arrestato e trascorse due anni in prigione ad Alipore. Liberato nel 1910 finì per stabilirsi a Pondicherry. Lì rimase per il resto della vita, avendo più tardi come collaboratrice quella donna straordinaria che è nota come la Madre (Mère). A Mère egli affiderà la direzione dell’ashram di Pondicherry. Il quarto di secolo che precede la morte l’ha vissuto in solitudine dedicandolo alla meditazione ed allo studio
Tornando al nostro viaggio la prima impressione su Pondy giunti alle 5 del mattino e dopo due giorni di viaggio in treno da Benares e di tre ore su un trenino a carbone da Madras, fu una pace totale, un silenzio assoluto, spezzato solamente dai versi di centinaia di cornacchie che ti davano il benvenuto. Nulla che fare con il caos delle grandi città, dei camion stracarichi di ogni vettovaglie in pieno centro e dei taxi Ambassador con i clacson impazziti. Qui, per andare dalla stazione al Central Guest House, prendemmo uno degli ultimi risciò, biciclette con il “calesse” che trasportano sino a quattro persone, attraversando una città ancora nel sonno con pochissime automobili ma tantissime biciclette già in attività e molte belle costruzioni in stile coloniale francese di fine secolo, oggi oggetto di un buon recupero urbanistico ed architettonico.
Avevamo con noi una copia del libro per certi versi profetico di Satprem “L’avventura della coscienza”, pubblicato da Galeati a Imola, sul pensiero evoluzionista di Sri Aurobindo, uno dei tanti testi scritti da questo poeta-filosofo considerato uno dei maggiori pensatori dell’India. Curiosamente anche la prefazione del libro era redatta da un autore imolese – prof. Mario Montanari – europeista ante litteram, autore di altre due prefazioni su storica tipografia imolese. Il prof. Montanari si è era recato a Pondy nel 1974 per un convegno mondiale ed era rientrato a Imola colpito dal fervore culturale e umano presente nella cittadina indiana e in particolare dalle forti personalità che aveva incontrato al convegno.
La base filosofica dello Yoga integrale è esposta ne “La Vita Divina”. I suoi scopi, principi e metodi sono spiegati ne “La sintesi della Yoga”. Ma il vero summa di tutti gli insegnamenti del pensiero aurobindiano sono illustrati nei volumi dei “Savitri”.
Un’altra copia del libro l’avevamo donata due anni prima a un amico imolese trasferitosi ad Auroville, città internazionale situata a pochi chilometri da Pondy.
Da allora ci siamo recati cinque volte ad Auroville. Ogni volta ritroviamo un nutrito gruppo di amici di varie Nazioni coi quali condividiamo questo progetto di costruzione di una città universale, destinata a ospitare cinquantamila persone, e fortemente voluta da Mère, straordinaria “donna“ francese compagna spirituale di Aurobindo.
Mirra Alfassa (Mère) giunse per la prima volta a Pondy nel 1914 e nel 1920 si trasferì definitivamente nell’ashram di Aurobindo incrementandone enormemente le attività organizzative e spirituali. Ma sin dal 1964 Mère “sognò” il progetto di Auroville e cominciò a lavorarvi attivamente. Auroville fu inaugurata ufficialmente nel 1968 alla presenza di 124 delegazioni di altrettante nazioni: oggi ospita duemila volontari residenti provenienti da oltre trenta nazionalità e circa trentamila tamil.
Sin dall’inizio si è presentato l’esigenza di far rinascere un’area vasta 1200 ettari di terra rossa, desertica, completamente nuda, fatta eccezione per alcuni banani, qualche palma e qualche albero di anacardo. I pionieri si stabilirono dapprima ai margini della futura città nelle comunità periferiche, per poi sviluppare le quattro aree con destinazioni diverse: scuole di vario livello, centri culturali, piccole attività commerciali e artigianali, una grande cucina centrale e alcuni piccoli ristoranti, luoghi di incontro per attività sportive e culturali. Ad Auroville i terreni e le costruzioni non appartengono agli aurovilliani ma fanno parte del patrimonio dell’Auroville Foundation.
Si tratta di una realtà sostenuta dall’Unesco, dalla Commissione Europea, dal Governo Indiano e da vari organismi internazionali. Auroville mantiene scambi culturali con molte città indiane, asiatiche ed europee. Per quanto riguarda l’Italia, da anni coltiva progetti di cooperazione con Venezia e la provincia di Treviso. Pondicherry ha avviato da circa tre anni uno scambio di esperienze con Urbino per il recupero del centro storico e la realizzazione di un nuovo progetto di sviluppo urbano. È in relazione permanente con altre città ideali quali Findhorn in Scozia e Taos nel New Mexico, ed è ben distante, come concezione di vita, dai tanti luoghi di migrazione mistica presenti in tante parti dell’India.
Auroville è la Città voluta da Mère per far proseguire e rendere concreto e quotidiano il lavoro dello yoga integrale, base degli insegnamenti di Sri Aurobindo. In città si respira una tensione evolutiva che presuppone nei residenti, ma anche nei “tourist guests” più attenti, una sincera aspirazione all’unità umana. Qui il lavoro è la via verso la perfezione del sé.
Come suona la Carta di fondazione: “Deve esserci in un qualche angolo della terra un luogo in cui nessuna nazione abbia il diritto di dire “è mio”, un luogo dove ogni uomo di buona volontà, con una sincera aspirazione, possa vivere come cittadino del mondo. Auroville vuol essere il ponte fra il passato e l’avvenire. Approfittando di tutte le scoperte esteriori ed interiori, vuole slanciarsi arditamente verso realizzazioni future. Auroville sarà il luogo di ricerche materiali e spirituali per dare un corpo vivente ad una vera umanità”.
Auroville è un ponte fra Oriente e Occidente, anticipatrice di tante fasi evolutive dei nostri tempi ma è anche una scommessa sociale e urbanistica in cui si affrontano, non senza alcune contraddizioni, le nuove sfide nel campo della eco-compatibilità, della gestione urbana, dell’educazione per le nuove generazioni e dell’applicazione di un nuovo modello di sviluppo economico e relazionale che miri a un’evoluzione equilibrata del nostro pianeta.
Aspiration, Surrender, Unity sono alcune della settanta comunità oggi presenti ad Auroville dove poter affrontare e condividere questo progetto di convivenza sociale, città-modello un po’ “città del sole “alla Tommaso Campanella un po’ grande kibbutz internazionale, comunque una realtà vivente ,concreta dove poter affrontare con serenità e condividere con altri quel richiamo incessante di un processo evolutivo interiore che rappresenta la nostra vera indole e motivazione a ritrovarci periodicamente in quest’angolo del sud indiano.
Mauro Casadio Farolfi
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Non è con la ragione che si riesce a varcare i limiti della razionalità.
Il battesimo del grande viaggio in India era previsto per il 29 luglio 1979.
A Imola era una giornata caldissima, quasi afosa, un anticipo di quel clima che avrebbe accompagnato me e Roberta nelle settimane successive. In realtà, giunti a Bombay fu un monsone della durata ininterrotta di cinque giorni a darci il benvenuto; il tasso di umidità era insopportabile, tale da convincerci a proseguire il nostro viaggio puntando verso il nord del Paese.
Fu un lungo itinerario – rigorosamente in treno – attraverso i luoghi turistici dell’India: Agra, Jaipur, Delhi, Benares, Madras, ma anche in tanti minuscoli paesi e villaggi dell’immensa campagna indiana, ben lontani dai falsi splendori delle città caotiche e chiaramente già in piena trasformazione occidentale.
Tutto ci apparve come narrato dalle parole di Piero Verni e Folco Quilici, nelle immagini dei documentari di Pasolini e nelle foto di Raghu Rai: colori forti, odori indimenticabili, contrasti sociali, suoni melodiosi e talvolta noiosi, un insieme di percezioni che molti viaggiatori definiscono come “mal d’India”, insieme di sensazioni speculari, per certi aspetti, al più noto e desertico mal d’Africa.
L’India è davvero un continente dai mille volti e dalla cultura millenaria, mosaico di popoli e di idiomi capace di offrire oggi come un tempo, e al li là dei luoghi comuni, l’opportunità di cambiare punto di vista, “di cambiare se stessi – come afferma lo scrittore Tiziano Terzani – e con questa rivoluzione interiore dare il proprio contributo alla speranza di un mondo migliore”.
Le ultime due settimane del nostro viaggio erano previste a Pondicherry, dove ci attendevano una decina di amici imolesi partiti assieme a noi dall’Italia un mese prima. Pondy era una cittadina (ora conta un milione di abitanti) affacciata sull’Oceano Indiano a duecento chilometri da Madras, già protettorato francese e sede dell’Ashram di Sri Aurobindo Ghose, luogo in cui egli visse gli ultimi quarant’anni prima di abbandonare il corpo nell’agosto del 1950. Nato a Calcutta nel 1872,figlio di un medico educato in Occidente ,Auobindo fu inviato in Inghilterra all’età di sette anni e la sua istruzione di base ebbe luogo in Inghilterra e Francia. Acquisì una profonda conoscenza della cultura greco-romana ed europea, estesa alle principali nazioni, lingue e letterature compresa quella italiana, prima di tornare ventenne in India, terra di cui fino a quel momento aveva ignorato quasi tutto.
In patria svolse un’intensa attività politica per l’indipendenza per una quindicina di anni. Contemporaneamente si diede ad uno studio approfondito dello Yoga e delle principali tradizioni spirituali dell’India.
Nel1908 su arrestato e trascorse due anni in prigione ad Alipore. Liberato nel 1910 finì per stabilirsi a Pondicherry. Lì rimase per il resto della vita, avendo più tardi come collaboratrice quella donna straordinaria che è nota come la Madre (Mère). A Mère egli affiderà la direzione dell’ashram di Pondicherry. Il quarto di secolo che precede la morte l’ha vissuto in solitudine dedicandolo alla meditazione ed allo studio
Tornando al nostro viaggio la prima impressione su Pondy giunti alle 5 del mattino e dopo due giorni di viaggio in treno da Benares e di tre ore su un trenino a carbone da Madras, fu una pace totale, un silenzio assoluto, spezzato solamente dai versi di centinaia di cornacchie che ti davano il benvenuto. Nulla che fare con il caos delle grandi città, dei camion stracarichi di ogni vettovaglie in pieno centro e dei taxi Ambassador con i clacson impazziti. Qui, per andare dalla stazione al Central Guest House, prendemmo uno degli ultimi risciò, biciclette con il “calesse” che trasportano sino a quattro persone, attraversando una città ancora nel sonno con pochissime automobili ma tantissime biciclette già in attività e molte belle costruzioni in stile coloniale francese di fine secolo, oggi oggetto di un buon recupero urbanistico ed architettonico.
Avevamo con noi una copia del libro per certi versi profetico di Satprem “L’avventura della coscienza”, pubblicato da Galeati a Imola, sul pensiero evoluzionista di Sri Aurobindo, uno dei tanti testi scritti da questo poeta-filosofo considerato uno dei maggiori pensatori dell’India. Curiosamente anche la prefazione del libro era redatta da un autore imolese – prof. Mario Montanari – europeista ante litteram, autore di altre due prefazioni su storica tipografia imolese. Il prof. Montanari si è era recato a Pondy nel 1974 per un convegno mondiale ed era rientrato a Imola colpito dal fervore culturale e umano presente nella cittadina indiana e in particolare dalle forti personalità che aveva incontrato al convegno.
La base filosofica dello Yoga integrale è esposta ne “La Vita Divina”. I suoi scopi, principi e metodi sono spiegati ne “La sintesi della Yoga”. Ma il vero summa di tutti gli insegnamenti del pensiero aurobindiano sono illustrati nei volumi dei “Savitri”.
Un’altra copia del libro l’avevamo donata due anni prima a un amico imolese trasferitosi ad Auroville, città internazionale situata a pochi chilometri da Pondy.
Da allora ci siamo recati cinque volte ad Auroville. Ogni volta ritroviamo un nutrito gruppo di amici di varie Nazioni coi quali condividiamo questo progetto di costruzione di una città universale, destinata a ospitare cinquantamila persone, e fortemente voluta da Mère, straordinaria “donna“ francese compagna spirituale di Aurobindo.
Mirra Alfassa (Mère) giunse per la prima volta a Pondy nel 1914 e nel 1920 si trasferì definitivamente nell’ashram di Aurobindo incrementandone enormemente le attività organizzative e spirituali. Ma sin dal 1964 Mère “sognò” il progetto di Auroville e cominciò a lavorarvi attivamente. Auroville fu inaugurata ufficialmente nel 1968 alla presenza di 124 delegazioni di altrettante nazioni: oggi ospita duemila volontari residenti provenienti da oltre trenta nazionalità e circa trentamila tamil.
Sin dall’inizio si è presentato l’esigenza di far rinascere un’area vasta 1200 ettari di terra rossa, desertica, completamente nuda, fatta eccezione per alcuni banani, qualche palma e qualche albero di anacardo. I pionieri si stabilirono dapprima ai margini della futura città nelle comunità periferiche, per poi sviluppare le quattro aree con destinazioni diverse: scuole di vario livello, centri culturali, piccole attività commerciali e artigianali, una grande cucina centrale e alcuni piccoli ristoranti, luoghi di incontro per attività sportive e culturali. Ad Auroville i terreni e le costruzioni non appartengono agli aurovilliani ma fanno parte del patrimonio dell’Auroville Foundation.
Si tratta di una realtà sostenuta dall’Unesco, dalla Commissione Europea, dal Governo Indiano e da vari organismi internazionali. Auroville mantiene scambi culturali con molte città indiane, asiatiche ed europee. Per quanto riguarda l’Italia, da anni coltiva progetti di cooperazione con Venezia e la provincia di Treviso. Pondicherry ha avviato da circa tre anni uno scambio di esperienze con Urbino per il recupero del centro storico e la realizzazione di un nuovo progetto di sviluppo urbano. È in relazione permanente con altre città ideali quali Findhorn in Scozia e Taos nel New Mexico, ed è ben distante, come concezione di vita, dai tanti luoghi di migrazione mistica presenti in tante parti dell’India.
Auroville è la Città voluta da Mère per far proseguire e rendere concreto e quotidiano il lavoro dello yoga integrale, base degli insegnamenti di Sri Aurobindo. In città si respira una tensione evolutiva che presuppone nei residenti, ma anche nei “tourist guests” più attenti, una sincera aspirazione all’unità umana. Qui il lavoro è la via verso la perfezione del sé.
Come suona la Carta di fondazione: “Deve esserci in un qualche angolo della terra un luogo in cui nessuna nazione abbia il diritto di dire “è mio”, un luogo dove ogni uomo di buona volontà, con una sincera aspirazione, possa vivere come cittadino del mondo. Auroville vuol essere il ponte fra il passato e l’avvenire. Approfittando di tutte le scoperte esteriori ed interiori, vuole slanciarsi arditamente verso realizzazioni future. Auroville sarà il luogo di ricerche materiali e spirituali per dare un corpo vivente ad una vera umanità”.
Auroville è un ponte fra Oriente e Occidente, anticipatrice di tante fasi evolutive dei nostri tempi ma è anche una scommessa sociale e urbanistica in cui si affrontano, non senza alcune contraddizioni, le nuove sfide nel campo della eco-compatibilità, della gestione urbana, dell’educazione per le nuove generazioni e dell’applicazione di un nuovo modello di sviluppo economico e relazionale che miri a un’evoluzione equilibrata del nostro pianeta.
Aspiration, Surrender, Unity sono alcune della settanta comunità oggi presenti ad Auroville dove poter affrontare e condividere questo progetto di convivenza sociale, città-modello un po’ “città del sole “alla Tommaso Campanella un po’ grande kibbutz internazionale, comunque una realtà vivente ,concreta dove poter affrontare con serenità e condividere con altri quel richiamo incessante di un processo evolutivo interiore che rappresenta la nostra vera indole e motivazione a ritrovarci periodicamente in quest’angolo del sud indiano.
Mauro Casadio Farolfi
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