È tempo di ritorni…cito dal mio ultimo testo “Comuni, comunità, ecovillaggi” che ho ora tra le mani seduto allo stesso tavolo dove, mesi fa, lo stavo faticosamente scrivendo e che non è il solito tavolo. Nella misura in cui non è il tavolo dello stanziale ma quello del nomade, un tavolo che non può non conservare una propria irriducibile estraneità e con il quale, tuttavia, bisogna familiarizzare presto. Cito quanto scrivevo a proposito di una bella esperienza vissuta in Thailandia sul finire del 2008 con il mio amico Prisco, programmatore nomade e “compagno di fughe per la libertà”, come gli hi suggellato in dedica su un mio libro in regalo:
«Parlando con Prisco, in una delle nostre serate in uno dei tanti ristoranti italiani di Chiang Mai o passeggiando per le strade eludendo il canto delle sirene scosciate dei go-go-bar, abbiamo più volte riflettuto sul capovolgimento di uno slogan che si presta ad essere definito negativo: No Global. A Chiang Mai abbiamo avuto modo di verificare la buona fama delle cure thailandesi, dentarie e gastroenterologiche (io avevo un’ameba da mesi, mi ci ero affezionato come ad un animale domestico e Prisco era stato truffato da un dentista, a Roma ed aveva un ascesso sotto una capsula) e la buona qualità della vita che continua ad attirare molti espatriati nel paese. Si ragionava su alcuni vantaggi della vita nomadica: avere il dentista e l’ospedale di riferimento a Chiang Mai, una bella relazione sentimentale a Varanasi, l’olivicoltore in Sabina, una Limited a Londra, buoni riferimenti a Kathmandu o in Sri Lanka quando è necessario un nuovo visto per l’India, a Ventiane o in Malesia per riaverne uno per la Thailandia eccetera.
In altre parole, si ragionava sull’eventualità di acquisire una prospettiva da definirsi, a costo di essere impopolari: Si Global».
Ed in effetti una certa impopolarità questa prospettiva l’ha già avuta. Fondamentalmente presso persone bacchettone (per quanto anche l'invidia ha spesso un ruolo non secondario in queste dinamiche) che non credo si astengano dal mettere il bastone tra le ruote del Progetto Viverealtrimenti se e quando possono farlo. A noi, naturalmente, non ce ne frega niente, procediamo sulla nostra strada, a volte faticando a mantenerci in groppa alla globalizzazione.
E’ una fatica proprio di questi giorni, di ritorno in Sri Lanka, dove ho vissuto oltre tre mesi, sino a Dicembre 2009 e, come anticipato, ho assemblato buona parte dell’ultimo libro.
Il riferimento qui è più che buono. Sono difatti a Sarvodaya, una delle più importanti ONG dell’Asia e fiore all’occhiello del GEN in quanto rete di realtà di villaggio (ne coinvolge circa 15000) con prospettive ambientaliste e di sviluppo dal basso.
Ho collaborato piacevolmente con Sarvodaya nei tre mesi cui accennavo e dunque lo staff dell’International Division dell’organizzazione mi ha accolto con molto calore ed affetto. “La porta per te sarà sempre aperta”, è stata la prima cosa che mi hanno detto. Io ho mostrato loro il mio nuovo libro ed il capitolo che li riguarda. Li ho da tempo naturalmente inseriti anche sul mio sito, nella sezione italiana ed in quella inglese e conto di inserirli in prossimi progetti editoriali in una prospettiva di lavoro in rete.
Sono ritornato in Sri Lanka perchè ho bisogno di uno Student Visa per l’India e questa mattina, nella High Commission, mi hanno già detto che non me lo daranno. Proverò nei prossimi giorni a fare una dolce pressione altrimenti la via del Nepal sarà obbligata. Anche i nomadi hanno le loro gatte da pelare, dunque ed una prospettiva Si Global non può, come del resto ogni prospettiva, essere sempre rosa e fiori. Comunque, non ci lamentiamo, a proposito di rose e di spine qui a Sarvodaya hanno una foresteria spartana ma accogliente ed è possibile utilizzare un wireless che mesi fa funzionava a singhiozzo. Ora sembra funzionare meglio ma sono pronto a dover imprecare, di tanto in tanto. Avere il wireless e dunque poter utilizzare internet dalla propria camera è una facility che si trova solo negli alberghi di categoria medio-alta in Sri Lanka. Posso dunque dirmi fortunato. A Varanasi, l’ultimo mese, la connessione ad internet (per avere la quale mi avvalgo di un pen-drive della Tata) mi ha fatto davvero penare. Il server è lento, ultimamente, per ragioni misteriose.
Una buona ragione per essere contento di essere qui, dove sto ritrovando alcune amicizie.
“Persone”, scrivevo sul mio ultimo testo, “che [a distanza di mesi] ancora mi scrivono ed aspettano che ritorni. Spero davvero di ritornare e di trovare i loro volti piu’ distesi, di trovare meno disperazione diffusa, meno paura della notte, più gioia di vivere, più benessere, più ottimismo. Una piccola parte di me è rimasta con loro, in quella che Tiziano Terzani chiamava l’isola folle”.
Le speranze si sono evidentemente avverate, sono tornato e spero davvero di poter fare un buon report di questa nuova visita prima di dover partire di nuovo, forse in anticipo rispetto alla data prevista, pur continuando a non dimenticare…