TRANSUMANZA

QUESTO BLOG E' IN VIA DI SUPERAMENTO. NE STIAMO TRASFERENDO I POST MIGLIORI SUL SITO DI VIVEREALTRIMENTI, DOVE SEGUIRANNO GLI AGGIORNAMENTI E DOVE TROVATE ANCHE IL CATALOGO DELLA NOSTRA EDITRICE. BUONA NAVIGAZIONE!

giovedì 28 ottobre 2010

Viverealtrimenti alla Scintilla di Modena.

Domani, 29 Ottobre, a partire dalle 21.30, Viverealtrimenti ha il piacere di promuovere il testo Comuni, comunita', ecovillaggi al centro sociale, di matrice libertaria, La Scintilla (via Attiraglio 66, 059/310735; Vignola-Mo) . Chiunque si trovasse nelle vicinanze e', naturalmente, piu' che benvenuto. Probabilmente, nei prossimi giorni, Viverealtrimenti postera' una presentazione della Scintilla come "riferimento per i girovaghi del vivere alternativo".

mercoledì 27 ottobre 2010

Il Progetto Pecora Nera

Lasciamo oggi spazio alla presentazione di un nuovo progetto comunitario, entrato ad arricchire il network di Vivere altrimenti.


Pecoranera è un orto, una serra, un prato, un bosco, una tavola dove mangiare assieme, una legnaia, un pollaio, un riparo per i viandanti.
Pecoranera è un sacco di farina, grossi fagioli colorati, una vanga, una bicicletta, un tappeto di trifoglio, un pomodoro rosso, un fuoco acceso, un albero di mele.
Pecoranera è i prati e le montagne che la circondano, le nubi gonfie d'acqua della Carnia, gli inverni interminabili, l'odore di resina dei boschi.
Pecoranera è la condivisione di tutto ciò per vivere altrimenti, agire con attenzione per la Natura che ci ospita e le persone che ci circondano. Consapevoli di non poter cambiare il mondo ma certi di quello che sentiamo necessario fare.
Il primo gesto da fare a pecoranera è andare nell'orto e curarsi delle piante, farlo assieme e nel rispetto di chi c'è già. *Da questo ha inizio il nostro progetto, coltivare la terra mettendo in comune abilità, fatiche e mezzi.* E' un primo passo per provare a cambiare come persone e creare una piccola comunità solidale e cooperante.
Non sappiamo e non vogliamo darci una definizione. Abbiamo poche idee e molte cose da fare, tantissime esperienze da vivere.
A pecoranera oggi risiede Devis che vive la da sempre, c'è Daniele che collabora con lui nel tempo libero, ci sono Giovanni e Claudia che ci vivranno stabilmente da marzo 2011, ci sono tanti ospiti nei periodi della semina e della raccolta.
Il progetto è aperto a chiunque ne condivida i principi. La terra è di proprietà individuale ma viene coltivata in comune come se appartenesse a tutti, senza distinzione. Abbiamo tre serre, un grande orto, un pollaio, degli alveari, alcuni campi e dei boschi. Coltiviamo sia per l'autosufficenza alimentare che per una piccola integrazione del reddito. Il resto dell'economia di ciascuno rimane, per ora, privata. Oltre al lavoro ci sono da condividere pasti e momenti di festa.
Di recente è stato realizzato, da un'emittente televisiva, un minidocumentario sulla nostra esperienza che descrive molto bene quanto sinora s'è fatto e quali sono i principi cui ci ispiriamo: http://www.mtvnews.it/1-storie/la-storia-di-devis/

Progetto Pecora Nera
Via Provinciale, sn
33029 Raveo (UD).
E Mail info@progettopecoranera.it
Web Site www.progettopecoranera.it

lunedì 25 ottobre 2010

Damanhur: newsletter Ottobre 2010.

Con voi.
Cari amici, nelle passate settimane vi abbiamo inviato due newsletter straordinarie, dedicate al progetto "Newlife" – cittadinanza a tempo - che tanto ci sta a cuore e che proprio adesso vede la sua fase cruciale.
Con l'invito per la cittadinanza "a tempo", si è aperta una grande porta che ci collega con i tutti Continenti. Siamo lieti di ricevere e conoscere nuovi amici dall'Italia, dall'Europa, Africa, America, Giappone, Filippine ecc.
Continua, a distanza di 25 giorni, il flusso copioso di e-mail con richiesta di informazioni, molte delle quali proseguono con vari contatti per approfondire i progetti di ognuno.
Ci hanno contattato centinaia di persone di 35 nazionalità diverse, interessate a cogliere questa nuova opportunità. Quello che le accomuna è lo spirito di avventura, l'entusiasmo, l'interesse per quel qualcosa di nuovo nella loro vita che Damanhur può rappresentare.
Sono arrivati i primi 7 nuovi damanhuriani: due uomini e cinque donne, da 5 Paesi diversi. Siamo felici di poter condividere questa avventura con tutti gli interessati... e la porta è ancora aperta.
newlife@damanhur.it
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COSA È ACCADUTO
Burning Man

Dal 30 agosto a 6 settembre 2010, Quaglia ha partecipato a Burning Man, negli Usa, presentando aspetti diversi di Damanhur. Burning Man è un evento di una settimana basato sui principi dell'interconnessione sociale, dell'espressione creativa e dell'ecologia a impatto zero, che si svolge ogni anno nel deserto Black Rock, in Nevada...
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La profezia del 2012

Il biologo e docente universitario svedese Carl J. Calleman ha tenuto un incontro pubblico a Damanhur Crea, sul tema del calendario Maya e delle profezie per il 2012. Calleman, che si interessa di cultura Maya dopo un viaggio in Messico che lo ha toccato profondamente, ha spiegato che esistono due letture della cosiddetta "profezia"...
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Antonio Ruiz, una visita dal Nicaragua
E' stato nuovamente in visita a Damanhur Antonio Ruiz, presidente della Fondazione del Rio, ente nicaraguense che si occupa di ambiente nel senso più ampio del termine, dalla tutela delle foreste pluviali al rispetto dei nativi e della loro cultura. Tra le iniziative della Fondazione, ci sono anche programmi di cooperazione con scuole italiane sensibili a quanto accade nel Paese centroamericano; è in quest'ambito che è nata cinque anni fa la collaborazione con Damanhur, attraverso il sostegno della scuola familiare ai ragazzini della scuola che si trova nell'isola di Mancarroncito, nel lago Cocibolca...
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Quadri Selfici alle Hawaii

Evento sui quadri selfici sull'isola di Maui, Hawaii, Usa, lunedì 4 ottobre. Esperide Ananas, con la collaborazione degli amici americani di Damanhur, ha allestito una cabina basata sui quadri selfici e guidato una meditazione per entrare in contatto con i Templi dell'Umanità...
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La visita di Manitonquat

Manitonquat, chiamato anche "Medicine Story", è stato in visita a Damanhur per la seconda volta, con la sua moglie Ellika ed amici. Manitonquat è un medicine man cerimoniale e un cantastorie di racconti tradizionali dei Nativi Americani Wampanoag...
Guarda il video su youtube
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Un nuovo sito su Damanhur

Un nuovo sito si aggiunge a quelli già esistenti per raccontare Damanhur. Si chiama Uno Stambecco a Damanhur ed è un'iniziativa di Stambecco Pesco per raccontare la storia e la vita quotidiana a Damanhur "dall'interno", nella narrazione diretta di un cittadino anziano delle comunità. Stambecco Pesco vi aspetta sul suo sito.
Ricordiamo anche il blog Damanhur Inside, nel quale damanhuriani e non damanhuriani si raccontano, chiedono, spiegano cos'è Damanhur, confrontandosi su cosa Damanhur rappresenta per loro. Siete tutti invitati a leggere il blog e, naturalmente, a scriverci delle vostre esperienze, visite, impressioni di Damanhur...
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I "Ragazzi della fine del mondo"
Geraldine Ovando e Emiliano Longo sono due giornalisti boliviani impegnati nel progetto "Los Hijos del Fin del Mondo" (I ragazzi del fine del mondo), un viaggio intorno al mondo per documentare stili di vita alternativi, tra i quale gli ecovillaggi, le comunità sostenibili e i movimenti ecologici urbani...
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COSA STA PER ACCADERE
Rito di commemorazione dei defunti

Nel tardo pomeriggio di domenica 31 ottobre, celebreremo il rito di Commemorazione dei Defunti. Si tratta di un momento di riflessione intorno al tema della vita e della morte, nel ricordo dei nostri cari che ci hanno lasciato. Il rito è aperto al pubblico e ci farà piacere avere tanti ospiti. Chiediamo solo di essere preavvisati della vostra presenza.
I successivi, importanti appuntamenti da non perdere sono il Solstizio Invernale che si terrà il 19 dicembre e i festeggiamenti del Capodanno, che secondo la tradizione damanhuriana si svolgono insieme ad amici e visitatori nei Templi.
Inoltre i primi di gennaio esordirà il coro con un nuovo concerto ai Templi. Vi aggiorneremo più in dettaglio su questo nella prossima newsletter.
Per informazioni e prenotazioni potete rivolgervi direttamente a:
Olami Damanhur Welcome Center * Tel-Fax 0124-512205 * welcome@damanhur.it
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Torna Patch Adams
Patch Adams sarà di nuovo a Damanhur all'inizio di dicembre e nuovamente condurrà un seminario pubblico, sabato 4 e domenica 5, dopo quello condotto lo scorso giugno. Per informazioni e prenotazioni, www.conacreis.it
Video di Patch Adams su youtube

Templi dell'Umanità
L'attenzione verso i Templi dell'Umanità non decresce mai. In questo momento, in particolare, procedono i lavori di allestimento dei mosaici pavimentali della Sala del Labirinto. Vuoi sostenere con noi questi lavori artistici? Vieni su http://dona.tempio.it/ e partecipa anche tu alla realizzazione di questo grande sogno. Grazie!

domenica 24 ottobre 2010

LUNA PIENA -- sabato 23 ottobre 2010 -- da Ajahn Munindo.

Non è facile la vita di chi
conosce la vergogna,
è umile, puro di cuore
e distaccato, ha integrità
morale ed è riflessivo.

Dhammapada strofa 245


Se ci ritroviamo a pensare: "Questo è troppo. Non posso lasciarlo
andare", dobbiamo essere ancora più attenti. È facile lasciar andare
piccoli attaccamenti ma quelli davvero seri sono un´altra storia. Il
Buddha conosceva quest´altra storia, quella in cui tendiamo a credere
quando siamo di fronte ad attaccamenti profondi. La verità resta la
verità per quanto possa essere dura, ogni sofferenza ha le sue radici
nell´attaccamento, ed è la ragione per cui il Buddha ci ha dato
insegnamenti come questo. È veramente difficile restare veri quando le
forze dell´illusione ci trascinano. Che siano le influenze esterne
degli oggetti sensoriali o le correnti interiori del condizionamento
che ci dicono che siamo deboli e incapaci, risolutamente facciamo
ritorno ai rifugi in cerca del potere per superare queste forze. Non
si tratta semplicemente di sostituire a una storia negativa una
positiva; chiediamo alla realtà di essere il nostro rifugio.

Con Metta

Bhikkhu Munindo

(Ringraziamenti a Chandra per la traduzione)

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Santacittarama
Monastero Buddhista
02030 Frasso Sabino (RI) Italy

Tel: (+39) 0765 872 186 (7:30-10:30, eccetto lunedì)
Fax: (+39) 06 233 238 629

sangha@santacittarama.org
(alternativa): santa_news@libero.it


www.santacittarama.org

www.forestsangha.org (portal to wider community of monasteries)
www.fsnewsletter.org (newsletter in English)
www.dhammatalks.org.uk (audio files)

mercoledì 20 ottobre 2010

Programma incontro bioregionale a San Severino Marche, il 30 e 31 Ottobre.

Ancora Paolo D'Arpini (ormai abitué su questo blog) presenta l'incontro della Rete Bioregionale Italiana a San Severino Marche.
vi aspettiamo numerosi!


[...] Se non l'aveste ancora notato la data del 30 e 31 ottobre corrisponde ai festeggiamenti di Ognissanti, ovvero l'antica festa celtica di Samahin.
Che l’incontro nazionale di quest’anno della Rete Bioregionale Italiana si manifesti in occasione della grande celebrazione di Samahin, da noi definita Ognissanti, é motivo di buon auspicio e di speranza.
Infatti il periodo della fine ottobre inizio novembre viene considerato da tempo immemorabile il momento dell’incontro fra le energie del Mondo di Sotto e quello di Sopra. Questo é il momento della Morte e della Rinascita, della fusione fra il Vecchio ed il Nuovo, é il momento in cui avviene la seminagione e si raccolgono gli ultimi frutti della buona stagione prima che inizi il freddo inverno.
Tutto il pensiero antico è orbitato per millenni attorno alla concezione unitaria dell’Universo con la Vita. La realtà sensibile, concreta, stabile, impersonificata in oggetti solidi (i primi simboli della religiosità sono… sassi, pietre… e luoghi di passaggio) è strettamente interconnessa con la vita nelle sue manifestazioni essenziali. Corporeità, sangue, linfa, nascita, morte, sessualità. E questo é anche il messaggio dell’ecologia profonda e del bioregionalismo applicato alla vita quotidiana.
Infatti – come disse un saggio contemporaneo, Nisargadatta Maharaj – noi non possiamo essere altro che una parte integrante della manifestazione totale e del totale funzionamento ed in nessuna maniera possiamo esserne separati.
Nella visione di questa “interezza” viene perciò riproposto il messaggio del bioregionalismo e dell’esperienza spirituale ed ecologista da ognuno vissuta.


Programma: San Severino Marche – Nel podere di Lucilla Pavoni

30 ottobre 2010:


h. 10.00 – Accoglienza e familiarizzazione con il posto, presentazione dei vari partecipanti.

h. 12.00 – Preparazione collettiva del pasto con il cibo bioregionale da ognuno portato e condivisione.

h. 14.00 – Vesseille (lavaggio piatti e pentole e riordino della sala)

h. 14.30 – Percorso di riconoscimento delle erbe spontanee per onorare il luogo

h. 16.30 – Prima sessione di condivisione delle esperienze e proposte per la continuazione del percorso bioregionale, seduti in cerchio davanti al camino acceso, ognuno parla a rotazione. Sono benvenuti interventi poetici e canti.

h. 19.30 – Preparazione collettiva del pasto serale e vesseille. Ci si ritira per la notte, chi in tenda, chi nella pensioncina di San Severino, chi nella casa di Sonia a Jesi e chi a Treia (vedi indicazioni sottostanti).

31 ottobre 2010:

h. 10.30 – Seconda sessione di condivisione delle esperienze e proposte bioregionali.

h. 12.00 – Preparazione collettiva e consumo del pasto e vesseille.

h. 14.30 – Breve passeggiata nei paraggi della casa di Lucilla

h. 16.00 – Terza sessione di condivisione esperienze e proposte e conclusioni finali

h. 18.00 – Attorno al fuoco, per chi intende ancora fermarsi, racconti sul significato del Samahin/Ognissanti e canti in sintonia

La casa di Lucilla Pavoni, che ospita l’incontro, si trova su una bellissima collina isolata alle pendici dell’appennino marchigiano. Ecco come raggiungerla:

Da San Severino Marche seguire la strada per Apiro/Cingoli.
Superare Cesolo e Marciano, arrivati al bivio per Apiro/Cingoli prendere la direzione per Apiro.
Superare le frazioni Palazzata e Corsciano sino all’indicazione per Ugliano, dopo circa 700 metri sulla destra imboccare stradina in terra battuta seguendo la freccia che indica la casa di Lucilla.
In caso di difficoltà potete anche chiedere al baretto di Corsciano, oppure in extremis telefonare a Lucilla al 338.7073857.
Attenzione, tutti sono invitati a contribuire all’evento portando dalla propria bioregione di provenienza cibo e bevanda. Venire armati di buona volontà e pazienza. Per il pernottamento: è possibile campeggiare nel terreno di Lucilla con la propria tenda o con il camper. Chi volesse stare più comodo può prenotare -in tempo utile- alla pensioncina 7 Rose di San Severino (Tel. 0733/635202).
Oltre al campeggio in tenda, altre sistemazioni gratuite (salvo un’offerta volontaria) possono essere reperite presso l’abitazione di Sonia a Jesi, oppure a Treia (entrambi i luoghi sono a pochi chilometri di distanza da San Severino) in entrambi i casi é opportuno portare con sé sacco a pelo e stuoia e -nel caso- anche brandina pieghevole.

Informazioni ulteriori sul programma e sulle sistemazioni telefonando a Paolo 0733/216293 – cell. 333.6023090 o scrivendo a saul.arpino@gmail.com

martedì 19 ottobre 2010

Un nuovo potenziale workshop per Smriti.

Un buon risveglio, questa mattina, per Vivere altrimenti. Il programma dello Europe Tour di Smriti e' stato difatti presentato, con abbondanza di dettagli e di foto (abbiamo fatto, un paio di mesi or sono, un ricco servizio fotografico - circa 600 foto - di Smriti nell'atto di performare le piu' importanti asana, a Sarnath, poco distante da Varanasi, dove il Buddha tenne il suo primo discorso "di avvio della ruota del Dharma") sul sito dell'Ananda Ashram di Milano, con il quale ci siamo accordati per l'organizzazione di un workshop da tenersi in data 20-21 novembre.
Di seguito il link alla newsletter di presentazione, segnalando a tutti gli eventuali interessati che per maggiori informazioni ed approfondimenti Viverealtrimenti e' "un blog con la porta aperta" (parafrasando il titolo di un libro di Bruno Volpi, fondatore dell'esperienza comunitaria MCF: "Vivere con la porta aperta"):

http://www.yogamilano.it/corsi-monotematici/yoga/yoga-tradizione-indiana


Per contattare Viverealtrimenti: info@viverealtrimenti.com

sabato 16 ottobre 2010

Amma Mata Amritanandamayi che ama chi l'abbraccia e abbraccia chi l'ama.

Di seguito una bella testimonianza dell'amico Paolo D'Arpini, prossimo autore della Viverealtrimenti Editrice. Potrebbe rientrare in un filone che Viverealtrimenti vuole, pur marginalmente, percorrere e che ha come proprio focus le patacche che si possono trovare in India, un paese in cui piu' ci vivo e piu' sento l'esigenza di raccontarlo per come veramente e' e non per come riesce abilmente a presentarsi a chi non lo conosce direttamente. Dopo cinque anni di esperienza mi sto davvero rendendo conto che il pregiudizio per cui l'India sarebbe piu' maestra di mistificazioni che di misticismo e' piuttosto fondato. Molti dei piu' celebri guru hanno fatto parlare di se' in maniera a dir poco controversa. Un esempio su tutti puo' essere quello di Maharishi Mahesh Yogi, che irreti' i Beatles che, nel 1968, si precipitarono nel suo ashram di Rishikesh per dedicarsi pienamente ai suoi insegnamenti, salvo andarsene schifati perche' scoprirono che probabilmente il guru aveva fatto avances sessuali a Mia Farrow e ad altre donne del gruppo. Il brahmachari (colui che si dedica, come sosteneva di fare il Maharishi, alla continenza sessuale). La casistica puo' essere davvero sterminata, presto pubbblichero' un pezzo intitolato "del gurismo e della cerebrolesione", ispiratomi da un testo che ho trovato nel profondo sud dell'India, nella libreria del movimento gandhiano, intitolato Memorabili contatti con La Madre (La Madre sarebbe Mirra Alfassa, considerata "la compagna spirituale" di Sri Aurobindo, fondatrice dell'esperimento di Auroville): una somma cagata di testo ma illuminante su alcune dinamiche veramente inquietanti che si possono creare tra guru e discepolo. Non manchero' di citarne alcuni stralci.
Sto maturando sempre piu' l'idea che il gurismo possa far leva su un naturale istinto gregario che ha nel nostro passato animale e nella necessita' di riporre la propria fiducia in un capobranco le proprie radici piu' profonde. Non a caso si interagisce con i guru compiendo atti rituali che sono una manifestazione di sostanziale sottomissione (ad esempio toccando loro i piedi) e che possono facilmente ricordare alcune dinamiche di branco. Tra i lupi, ad esempio, i gregari manifestano sottomissione al capobranco inserendogli il muso tra le fauci mentre i cani che intendono comunicare sottomissione espongono ad un potenziale attacco la loro parte piu' vulnerabile: la pancia. Lo fanno anche con gli uomini e viene considerata una tenera manifestazione di affetto.
Il discorso e' lungo e complesso e non puo' essere esaurito in una breve introduzione (anche per non togliere spazio a Paolo che deve essere il vero protagonista di questo post) ma e' qualcosa su cui sto riflettendo da tempo, vivendo direttamente a contatto con una cultura intrisa di gurismo e di dinamiche, continue, di dominio e sottomissione, presenti nel quotidiano del paese (senza dover necessariamente scomodare chissa' quale guru). Queste costituiscono, a mio parere, un presupposto essenziale del fenomeno considerato; avremo modo di riparlarne e di tentare alcune caute contestualizzazioni.
Paolo, finalmente...

Amrit é la bevanda degli dei che dona l’immortalità, con l’aggiunta del suffisso ananda, che significa beatitudine, diventa Amritananda, che è un nome religioso. I nomi religiosi solitamente vengono impartiti a coloro che si consacrano alla ricerca spirituale, insomma che si fanno monaci, da un Guru o da un capo di monastero autorizzato a dare “sannyas” ovvero a ordinare un monaco od una monaca che prende il voto di “rinuncia” ed indossa l’abito ocra del Sannyasi.
Attualmente tra quelli conosciuti che rispondano a questo nome ci sono due persone particolarmente preminenti. Uno é il maestro tantrico Sri Amritananda Natha Saraswathi che comunque dovrebbe avere ricevuto una regolare ordinazione a svolgere le sue funzioni, infatti il termine Saraswathi denota uno specifico ordine monastico nella linea di Shankaracharia.
L’altro, anzi l’altra, é una signora quasi sessantenne denominata Mata Amritanandamayi, conosciuta però in tutto il mondo come “the hugging mother”, in italiano schietto “la madre abbracciona”. Questa signora é nata e viveva, o forse ancora vive quando non é impegnata nei suoi viaggi planetari, sulla costa del Kerala, in un piccolo villaggio di pescatori
chiamato Parayakadavu, nel distretto di Kollam.
Su questa santona abbracciona sono state scritte parecchie storie controverse, cito una sola fonte quella di Bronte Baxter (brontebaxter.wordpress.com) in cui si dicono parecchie brutte cose sul suo conto… ma non voglio fare il maldicente, soprattutto non voglio basarmi su un “sentito dire”.
Ma una cosa mi ha molto meravigliato stasera, mentre sorseggiavo il mio cappuccino bollente in un baretto di Treia, spaparanzato su un divano davanti alla finestra più bella del mondo, e con in mano il prestigioso Corriere della Sera.. ecco che ti leggo.. Su mezza pagina di giornale con
tanto di foto a colori con lei che abbraccia l’ennesimo aspirante (e sottostante pubblicità commerciale poiché si vede che l’argomento tira..).
“Amma Amritanandamayi incontra diecimila devoti a Sesto San Giovanni”… E giù informazioni particolareggiate di come ella trasmetta la beatitudine attraverso il suo abbraccio amoroso.. di come i pretendenti alla beatitudine stiano buoni buoni in fila aspettando pazientemente il loro turno, di come abbia già abbracciato nel mondo almeno trenta milioni di persone….
(sorbole…!)
E qui non ho potuto fare a meno di mettermi sonoramente a ridere.. magari anche dando l’impressione agli avventori presenti di essere un po’ fuori di testa.
“Ma come ci sono al mondo 30.000.000 di gonzi che credono alle favole…?”
Si vede che la gente non ha più nulla in cui credere o sperare nella vita se debbono ricorrere a questi mezzucci per sentirsi un po’ amati… il mondo é diventato troppo virtualizzato, non basta stare su Facebook e fare “amicizia” con migliaia di persone sconosciute.. uno alla fine desidera di
avere un contatto fisico, di ricevere un gesto d’amore, magari finto, magari aspettando il turno come dal dentista, magari per 4 secondi.. ma almeno un “contatto fisico e reale”… e così 10.000 (diecimila) devoti italiani sono andati a Sesto San Giovanni a farsi abbracciare…. Quanto sia loro costato non si sa..
Ma quello che più mi ha meravigliato é che la notizia “inverosimile e fantasiosa” delle prodezze abbracciatorie di tale “amma” apparisse sulle pagine del serioso Corriere della Sera… non ci si può fidare nemmeno più del Corriere…ormai con i media siamo agli sgoccioli… siamo arrivati ad “Anno Zero…”
E cosa ne pensano gli amici laici?
E va bene… qualcuno potrebbe anche dire.. “Cosa ne sa questo Paolo D’Arpini degli abbracci beatifici di Amritanandamayi?” Ed allora ecco che sono costretto a spiattellarvi uno stralcio del resoconto della mia visita all’abbracciona, avvenuta nel lontano 1985/6, quando era da poco iniziata la sua carriera..

Amritananda abita qui? “Forse cercavi Mata Amritanandamayi… ?”
Stavolta le indicazioni che mi sono state date son chiare e dettagliate, con tanto di piantina, disegno della laguna, alberi e barche sul mare: “Ecco qui abita Amritananda, la santa madre che tutti ama e tutti abbraccia..”. Così disse mio fratello Alessandro, salutandomi mentre mi accingevo alla partenza per l’India.
E così partii con mio figlio, a cui facevo da padre e da madre, il mio ultimo nato Felix, che aveva appena un anno e mezzo, e me lo stavo portando appresso a conoscere una “madre spirituale” (almeno questa era l’intenzione), forse quella Madre Amritananda del Kerala. Il Kerala è al sud
dell’India sulla costa dell’Oceano Indiano. Eravamo pronti a partire dalterminal dell’aeroporto di Fiumicino, Felix ed io, non sapendo chi fosse il più emozionato e meravigliato di questo lungo viaggio verso il mare…l’oceano dell’amore che speravamo di trovare in India…
Qualche genitore maschio che legge ha mai provato a viaggiare da solo con un bambino di un anno e mezzo che ancora si fa i bisogni addosso ed a malapena cammina? Questa era la mia situazione, che mi ero scelto per riscattare la mia funzione di padre e madre precedentemente alquanto trascurata, per ritrovare una dignità attraverso la dedizione ed il sacrificio. Potrei scrivere un libro solo sui ricordi di quel lungo viaggio e sulle vicissitudini e prove patite, lo farò un’altra volta…
Dopo un mese “natalizio” di permanenza riposante a Ganeshpuri, in Maharashtra, decisi di andare a cercare questa santa madre di cui avevo sentito parlare e lasciai quel luogo ospitale per recarmi da questa Amritanandamayi in Kerala.
Per giungere nella sua dimora-ashram (a quel tempo ancora in costruzione) bisognava passare una palude in barca e raggiungere la costa, abitata da soli pescatori.
L’impressione ricevuta appena arrivato fu quella di essere entrato in una sorta di “teatrino”. Nell’ashram c’era una balconata sulla quale il pubblico era ammesso e dabbasso, su un palco, si esibiva Amritanandamayi in canti e danze estatiche. Le persone residenti nella comunità erano transfughi di vari altri ashram, ex Hare Krishna, ex cristiani, ex di qua e di là…. Non mi trovavo bene per nulla in questa congenie di abbandonatori monoteisti, però tenevo duro, aspettavo almeno il contatto diretto con l’Amrita (nettare) dell’Ananda (gioia).
Dopo alcuni giorni di penitenza in mezzo a quegli strani devoti, tutti occidentali (salvo i membri dello staff che governava) ed alquanto sciroccati, pensate che uno addirittura mi rimproverò perché disse che lo “facevo eccitare” distogliendolo dalla sua austerità poiché lasciavo girare
per l’ashram l’unico bimbo residente, Felix, seminudo…. (roba da chiodi in fronte….). Un’altra volta mi persi sulla battigia dell’oceano e nessuno dei pescatori sapeva (o voleva) indicarmi il posto della comunità (e chissà cosa volevano significare con quella presunta ignoranza …?).
Infine avvenne l’incontro pubblico e ravvicinato con la madre, in una capanna allestita per l’occasione, tutti i devoti infervorati ed agitati, e la madre che faceva appropinquare uno alla volta i suoi ammiratori e li abbracciava singolarmente.
Malgrado la situazione alquanto complessa, e sotto controllo di un paio di guardie del corpo che stavano ai lati della madre, non potei trattenermi dal verificarne la “santità” e allorquando venne il mio turno dell’abbraccio, lasciai che ella abbracciasse prima mio figlio Felix e poi a mia volta la abbracciai e la strinsi come si stringe una donna (avete capito bene!)….
Immediatamente percepii il suo disagio e sentii il suo corpo femminile tremare imbarazzato, immediatamente fui allontanato dai suoi custodi.. ma ero “soddisfatto” per la buona riuscita della prova, l’indomani stesso me ne partii senza rimpianti….

Paolo D’Arpini

P.S. Personalmente non sono mai andato da Amma e considero gli ashrams delle sorte di istituzioni totali dunque sarei senz'altro curioso di vedere da vicino questo fenomeno di cui sento spesso parlare in India ma aborro l'idea di ammucchiarmi in dormitori desolanti con gente spesso, come scrive Paolo, "sciroccata". Al momento, dunque, non avendo visto Amma di persona, non avendola abbracciata, devo astenermi da ogni giudizio. Una cosa pero' credo meriti di essere menzionata: Ananda May Ma, considerata la compagna spirituale di Paramahamsa Yogananda, e' stata una grande santa dell'induismo contemporaneo. Non ha avuto moltissimo successo fuori dell'India e non e' mai diventata un "fenomeno commerciale", diversamente da altri guru. Amma ha ripreso il suo nome (si chiama difatti Amma Mata Amritanandamay), dunque la sua celebrita' che in India e' davvero notevole. Il popolo indiano, come disse una volta una mia amica discepola di Osho, e' un "popolo bambino", molto facilmente suggestionabile. Nel momento in cui un guru riprende il nome di una persona considerata massimamente santa nel paese e' poi facile giustificare, con i devoti indiani, le ragioni di questa scelta e far leva su un riflesso condizionato di devozione. In alcuni casi puo' anche essere scomodata la reincarnazione. Al riguardo puo' essere calzante l'esempio del celebre Sai Baba che ha ripreso il nome da un grande santo della cultura hindu (anche lui conosciuto in quasi tutta o in tutta l'India senza essere un fenomeno commerciale che ha contagiato l'Occidente): Shirdi Sai Baba. Insomma, iniziare una carriera di guru "ereditando i discepoli " di un altro guru essendosi appropriati del suo nome mi sembra un'azione alquanto spregiudicata, di una spregiudicatezza "molto indiana". Non so quanto tutto questo possa avere a che fare con la "conoscenza", la "realizzazione spirituale" eccetera ma forse, per scomodare uno slogan parecchio in voga tra indofili, seguaci di guru e babacchioni, il mio e' un approccio troppo "mentale". Che dire: puo' anche darsi.... Alla prossima, l'argomento e' troppo stuzzicante per non tornarci ancora.

venerdì 15 ottobre 2010

Un blog ciclosofico.

Oggi, la segnalazione di un bel blog dell'amico Franco di Frinco, uno degli organizzatori ed animatori dell'evento estivo A Sud di Nessun Nord, ad Asti, dove sono stato invitato e splendidamente ospitato i primi di giugno. Franco sta cercando di realizzare il sogno di giungere in India in bicicletta. Al momento si sta godendo delle splendide tappe in Grecia; lasciamo che il tempo esprima un giudizio galante sulla sua impresa finale. Al momento, credo si possa affermare che e' un vero piacere seguirlo nelle sue diverse peripezie. A voi, dunque, la gioia di assaporare il suo diario di viaggio che potrebbe anche diventare un'ipotesi editoriale per la Viverealtrimenti editrice. Tutto il meglio all'impresa di Franco.

lunedì 11 ottobre 2010

Le comunita' inconsapevoli e le comunita' intenzionali.

Di seguito un bel contributo di Maurizio Di Gregorio, della "vecchia guardia comunitaria", pubblicato sul sito www.fiorigialli.it, specializzato nella vendita di testi di cultura alternativa, tra cui quelli di Viverealtrimenti e sul sito http://grou.ps/ecovillaggi.

Quindici anni fa, era un pomeriggio di primavera, in una delle periodiche riunioni per la fondazione di un ecovillaggio, eravamo una dozzina di persone, intorno ad un grande tavolo di legno tondo, una specie di tavola rotonda, a parlare del come fare.
Di cosa parlavamo? Di come approfondire e realizzare un progetto, che era condiviso da tutti, conciliandolo con i sentimenti, i sogni e le necessità di ognuno di noi. Alcune volte si realizzava un buon incontro, altre volte ci sentivamo sommersi dalle difficoltà.
Con l’ironia che mi esce nei momenti difficili mi trovai a dire: cosa sarà mai che vogliamo fare? Un ecovillaggio? Un ecovillaggio è un villaggio con uno stile, se riesce bene può diventare un paese, quanti villaggi e paesi ci sono al mondo? E ciò che fanno tutti, un villaggio…..giriamo il mondo e non troviamo altro che villaggi…..
Non ci avevo mai pensato prima, mi sembrava credibile e corretto, inoltre faceva un certo effetto, per alcuni minuti eravamo tornati sorridenti, le difficoltà, percepite sino all’attimo prima. sembravano svanite, ci sentivamo forse un po’ sciocchi ad arrovellarci per una cosa così semplice e facile.
Semplice lo era, facile assolutamente no , infatti da quelle riunioni e da una convivenza di gruppo iniziata quasi un anno prima, raccogliemmo lacrime e cocci, l’ecovillaggio non si realizzò e quasi tutte le persone in seguito si persero di vista.
A distanza di anni trovo le affermazioni casuali di quel pomeriggio incredibilmente superficiali ma al contempo profondamente vere.
Davvero, oltre gli individui e le famiglie isolate (nelle campagne disabitate e nelle città), il contesto sociale di grandezza media più diffuso al mondo e che mi sembra auspicabile e realizzabile sono i villaggi: essi sembrano offrire a tutte le latitudini contesto, conforto, stimolo, crescita, sostegno e cooperazione per gli esseri umani di tutte le età.
I villaggi hanno una resistenza straordinaria, occorrono cataclismi, guerre e pestilenze per eroderli. Magari si spostano, si riformano con alcune differenze in altri luoghi.
Anche nelle città, nei quartieri e dentro i quartieri vi è qualcosa che rimanda ad un villaggio.
In Italia, in Europa abbiamo una infinità di piccoli paesi che sono lì da mille, duemila anni, forse anche più.
Già ad una prima osservazione essi sono villaggi del sangue e della memoria, in ognuno cognomi ricorrenti, le famiglie diffuse ed un pratica del luogo e modalità precise per viverci, persino talvolta un destino.
In ogni paese si scandisce un ritmo, proprio di quel paese, spesso visibile solo ad i suoi abitanti. Un forestiero che vada a vivere lì scoprirà il ritmo negli anni, forse in una vita intera. Le feste, le sagre, sono specifiche di ogni paese, ne esprimono e ne riperpetuano la storia e talvolta il suo atto fondante.
E già, perché qualcuno avrà pur cominciato. Prima una casa, forse due o tre, arriva qualcun altro, figli che crescono, nuove famiglie che si formano, altre case, una lenta costruzione del vivere insieme in un luogo, la costruzione collettiva del tempo, le tecniche e le regole per andare avanti, il dialetto che nasce nello spazio tra casa e casa.
Chi è cresciuto nelle grandi città o nei grandi paesi non coglie al volo l’essenza del villaggio: esso è propriamente una comunità. Le persone si conoscono benissimo, sono interdipendenti tutte per affetti, discendenza, lavoro, simpatia e vicinanza. Nei momenti felici di un villaggio le persone si comprendono, si aiutano, hanno bisogno l’uno dell’altro.
Comprendersi, aiutarsi, aver bisogno l’uno dell’altro.
In un villaggio esistente molto predispone a questo, non che sia idilliaco, ma si va avanti, pochi se ne vanno se non ne sono costretti, pochi sono mandati via dalla collettività.
I villaggi sono un insieme che armonizza in uno stile di vita specifico le esigenze e le vite degli individui in un modo che esse si armonizzino col tutto.
Villaggi e tribù sembrano essere la misura spontanea della socialità umana, inoltre sembrano avere anche una dimensione naturale, non troppo pochi, non troppi. Quando un paese cresce si formano naturalmente degli abitati più piccoli, le frazioni, che orbitano come satelliti minori al nucleo centrale.
Quindici anni fa, intorno a quella tavola rotonda di legno cercavamo ci comprenderci, non sapevamo come aiutarci, non sapevamo aver bisogno l’uno dell’altro. Eravamo già delle giovani famiglie che identicamente, al proprio interno cercavano di comprendersi, non sapevano come aiutarsi, non sapevano come rendersi propriamente l’uno all’altro
. Proprio come si dice, la vita è quello che avviene mentre si pensa ad altro . Già una famiglia che riesce anche così così è un microvillaggio di persone che si comprendono, si aiutano si danno l’uno all’altro.
Certamente molte famiglie e molte comunità non riescono, ma la non riuscita è sempre un fatto personale, chi va via, dovunque vada, quando ci riprova, ritrova i medesimi problemi. Ho l’impressione che quei problemi resistano perché ce li si porta dentro lungo il sentiero della nostra vita, in ogni nuovo tentativo difficoltà a comprendersi aiutarsi e a saper aver bisogno l’uno dell’altro.
Sembra esserci una economia precisa delle relazioni, una contabilità sotterranea del prendersi e del darsi.
Un’altra forma moderna delle relazioni umane è la rete, quasi un villaggio delocalizzato, una comunità inconsapevole. Reti per passioni, per interessi ed affinità, reti di affetti e conoscenze, reti karmiche, reti di legami e collegamenti che, a dispetto di tutto, resistono nel tempo. La famiglia, la comunità, il villaggio, la rete ideale però non esistono. Dappertutto, nel tempo, tensione, lacerazione, sofferenza, vari tipi di difficoltà e problemi.
Nelle relazioni umane, ad un periodo splendido, segue uno difficile.
Nella coppia, nella famiglia, nei gruppi. C’è una energia particolare che gira e sviscera le relazioni nel modo più incredibile. Questa energia può portare alla integrazione o alla disintegrazione.
Già dentro noi stessi, la nostra è la storia della nostra integrazione, la fusione di doti e lacune, capacità e caratteri, esperienze compiute e destini, ad esempio l’unione fra mente corpo anima, l’uomo tutto di un pezzo.
Vivendo come individui sappiamo quanto ciò sia complesso.
E’ complesso andare d’accordo con se stessi, figuriamoci in due o più. Nelle famiglie e nei gruppi le relazioni entrano spesso in crisi e questo succede perché i conti non tornano, si credeva di essere in 2 o in 12 ma si scopre che eravamo in 6 o in 24 (compresi talvolta ospiti indesiderabili) e non si era pensato a tutti….
Un solo individuo non integrato è una comunità affollata di identità diverse in sotterranea relazione e competizione tra loro.
Talvolta si forma un gruppo di dieci persone che auspica di allargarsi a trenta, dopo molti anni sono in 7 e già questo è un successo poiché forse hanno integrato 35 personalità diverse ed è stato così faticoso che non ci pensano più.
Siamo già tutti, al nostro interno, delle comunità inconsapevoli.
Talmente inconsapevoli che restiamo sorpresi quando scopriamo una parte di noi che pensavamo di non avere o non essere.
Siamo già tutti, come individui, delle comunità inconsapevoli.
Talmente inconsapevoli che restiamo sorpresi quando scopriamo nello sconosciuto dell’attimo prima, la nostra anima gemella.
Siamo già tutti, come membri di famiglia e comunità, in relazione profonda ed inconsapevole con tutte le altre e con la Terra di cui siamo parte, sorriso universale che si rispecchia.
Se integriamo le parti dentro di noi possiamo essere un individuo.
Se integriamo la nostra vita con un’altra abbiamo una relazione profonda.
Se la sappiamo condurre nel tempo saremo in realtà una famiglia.
Se anche solo parte di questa integrazione la sappiamo condurre con gli altri saremo gruppo o comunità.
Quello che fa la differenza è l’intenzionalità del nostro essere e agire, cioè la qualità integrativa del Qui ed Ora, che ricrea costantemente la realtà nelle sue magie.
I Villaggi sono in parte comunità inconsapevoli ed in parte comunità intenzionali: la vita comune è ricreata, giorno per giorno, attimo per attimo, con l’intenzione espressa e consapevole, la via dell’integrazione dell’azione verso la sua realizzazione.
Riconoscere che siamo noi stessi una comunità inconsapevole, che tutto il mondo è una comunità inconsapevole, è forse il primo passo per poter essere veramente intenzionali nella creazione-integrazione di una vita insieme.
Sinonimo di integrazione è amore.

sabato 9 ottobre 2010

L'attualita' del socialismo liberale di Carlo Rosselli.

Di seguito un estratto dal libro di Luigi Rocca L’attualità del socialismo liberale di Carlo Rosselli (Piero Lacaita Editore, 2006, pag. 219, € 15,00) per non trascurare un filone di cui e' giusto non si senta troppo la mancanza in questo blog-magazine: la storia delle idee.
Il pensiero socialista e' stato, a mio modo di vedere, uno degli elementi che ha reso grande la cultura europea e che e' oggi inesorabilmente in declino, anche in virtu' dell'emergere di nuovi soggetti politico-economici, ad Oriente, portatori di una cultura meno attenta ai bisogni "dell'uomo qualunque" e piu' marcatamente gerarchica. La consapevolezza del nostro patrimonio culturale europeo credo sia un fattore importante nella salvaguardia della nostra identita', per essere protagonisti attivi in un necessario dialogo interculturale, aspetto imprescindibile di una globalizzazione il piu' possibile "sana".

Prefazione di Antonio Landolfi

Gli antecedenti storici del “liberalsocialismo”, o “socialismo liberale” che dir si voglia (ai nostri tempi considerati pressoché sinonimi, anche se sul piano teorico sono state riscontrate divergenze tra le due espressioni) si fanno risalire all’incirca alla seconda metà dell’Ottocento, ed alla figura ed all’opera del pensatore inglese John Stuart Mill.
Fu infatti questi ad operare la più incisiva analisi critica del limite costituito dal liberalismo tradizionale, muovendosi però sempre da una posizione coerentemente liberale. Una posizione puramente conservatrice rischiava infatti, a suo giudizio, di annullare la coerenza con i suoi stessi presupposti.
Per Stuart Mill la sfera dei diritti di libertà realizzata grazie al pensiero ed all’azione politica liberale non poteva considerarsi completa e soddisfacente, se non si ampliava a quei diritti politici, elettorali, civili e sociali rispondenti alle esigenze di ceti e di realtà che non venivano rappresentate e realizzate dalla classe dirigente. Il liberalismo, per lui, non avrebbe dispiegato mai pienamente i suoi effetti se non accogliendo in sé queste istanze che una posizione conservatrice tendeva a negare, ed in parte consistente rappresentate dalle istanze socialiste che si andavano affermando: la richiesta di ampliamento del diritto di voto, il riconoscimento dei diritti di uguaglianza dei sessi, la libertà di associazione, un’equa distribuzione della ricchezza prodotta, ivi compresa la proposta di un’economia solidaristica, cooperativa e partecipativa aperta ai lavoratori, un’istruzione diffusa rivolta all’emancipazione delle classi più deboli.
A questo proposito, Stuart Mill non fece mancare il proprio impegno politico, con la creazione insieme a Giuseppe Garibaldi – socialista deluso dall’esperienza della Prima Internazionale di Marx – della Lega per la libertà, la pace e gli Stati uniti di Europa, che raccolse intellettuali e politici liberali e socialisti di ogni parte di Europa.
Con il trascorrere del tempo il pensiero liberalsocialista andò accompagnandosi alla verifica revisionista del marxismo, soprattutto nell’epoca a cavallo tra il XIX ed il XX secolo. Nella quale si può già marcare una differenza tra pensiero socialista liberale e pensiero liberalsocialista. Il primo è connotato dalla radice originaria socialista, o addirittura marxista, da cui si muove la revisione ideologica che conduce ad accogliere nell’ambito del pensiero originario le istanze profonde del liberalismo, amalgamandole con l’iniziale impianto concettuale di natura socialista. Per il secondo, sull’impianto originario liberale s’inseriscono istanze di carattere socialista. La differenza semantica marca cioè una diversità di percorso nell’elaborazione concettuale. Ma il risultato è pressoché identico.
Un ruolo decisivo per lo sviluppo del liberalsocialismo fu quello svolto dai fabiani, che per primi avvertivano il rischio di un collettivismo statalistico, e proponevano, per eliminarlo, che la proprietà pubblica dei mezzi di produzione fosse gestita da cooperative di produttori agricoli, mentre i servizi dovevano andare in gestione ai municipi. I fabiani programmarono anche interessanti forme di democrazia industriale, che anticipavano quelle che in tempi successivi divennero i progetti di autogestione e di partecipazione dei lavoratori alla direzione ed alla proprietà delle imprese. Quel che però restava prioritario nel loro pensiero era la concezione che la responsabilità sociale delle istituzioni risultava indispensabile per riequilibrare le disuguaglianze sociali, e per realizzare un’equa distribuzione della ricchezza, con un sistema globale di sicurezza sociale.
La cultura Fabiana rappresentò in tal modo la premessa per la costituzione del sistema dello Stato sociale, come prodotto dell’incontro storico tra pensiero socialista riformista e la scuola del liberalismo sociale, mostrando soprattutto la compatibilità dell’economia di mercato con la scelta dell’utilitarismo marginalista propugnata da Jevons, e la progettazione di un sistema sociale avanzato ed organico, nel quale le istituzioni democratiche, dalle autorità pubbliche centrali a quelle periferiche, erano chiamate a svolgere un ruolo essenziale.
I fabiani contrapposero all’utopismo rivoluzionario marxista l’utopia di una rivoluzione “by Act of Parliament”.
L’esperienza fabiana creò quel clima di vigoroso revisionismo di cui si nutrì la vigorosa opera teorica e politica di Eduard Bernstein, il quale, nel corso del suo esilio in Gran Bretagna, aveva frequentato intimamente il vecchio Engels, che già si era orientato a riconoscere l’importanza delle istituzioni democratiche liberali, ed aveva avuto modo di frequentare i circoli fabiani ed approfondire il lavoro teorico che in essi veniva svolto. Bernstein, divenuto anche l’erede della proprietà letteraria di Marx ed Engels, sviluppò l’iniziativa revisionistica in senso socialista liberale, e si adoperò per diffonderla negli ambienti della socialdemocrazia tedesca, che era considerata a ragione la più autorevole tra le forze socialiste nel mondo. Già nel 1899 karl kautsky, riconosciuto come la guida teorica della Spd, aveva intuito che “nel socialismo democratico esistevano due indirizzi che si differenziavano per il metodo nella ricerca teorica, ma a volte anche nella tattica della pratica”. Due anni dopo, il praghese Tomas Masarik, che può essere annoverato a buon diritto tra gli antesignani del liberalsocialismo, e che sarà assassinato dai comunisti cechi nel 1947 quando era a capo della Repubblica Cecoslovacca, annunciata senza remore la crisi del marxismo.
Per Bernstein non apparve sufficiente la distinzione che ormai da più parti si avanzava nelle file del socialismo internazionale tra gradualismo riformistico e rivoluzionarismo utopistico e volontaristico. Egli vide anche il pericolo che tale distinzione alla lunga avrebbe nuociuto al socialismo riformistico, perché lo avrebbe relegato in una posizione sterile, meccanicistica ed iperrealistica, sostanzialmente trasformistica: priva di ogni spiritualità, ed incapace di astrazione. E questo avrebbe favorito quelle posizioni giacobine, rivoluzionaristiche, che assumevano impostazioni utopistiche ed addirittura messianiche, critiche di un riformismo “senz’anima”ed in grado di affascinare le masse, sia pure ingannandole.
Perciò Bernstein operò un salto di qualità di eccezionale importanza. Egli partì, certo, dalla presa di coscienza della crisi del marxismo, di cui dimostrò l’inadeguatezza dell’analisi economica e sociale. Ma andò ben oltre. Pose le premesse per superare la teoria della lotta di classe, come quella dell’inevitabilità della guerra, per auspicare l’evoluzione della socialdemocrazia da partito di classe a partito di popolo, e per assumere le posizioni ispirate all’etica kantiana della giustizia come “imperativo categorico dello spirito umano”, e dell’universalità della pace.
In tal modo Bernstein offriva alla socialdemocrazia l’occasione per recuperare quelle motivazioni spirituali ed utopistiche che la dogmatica del materialismo dialettico e del materialismo storico avevano finito per inaridire. Una posizione, la sua, che lo condusse ad assumere una posizione critica nei confronti della Spd, tanto sul piano della politica economica e sociale, in quanto rifiutava il concetto di “pace sociale”che a suo giudizio indeboliva il concetto di “giustizia sociale”ed appariva un’acquiescenza al bisogno di ordine dell’autoritarismo prussiano, quanto sul piano internazionale, perché in coerenza con l’etica kantiana egli assunse nel 1914 una posizione pacifista ad oltranza, che lo portò a votare contro la guerra in Parlamento. Il marxismo limitò per un decennio l’influenza del pensiero di Bernstein sul movimento socialista, che intanto subiva le scissioni e la lotta che contro di esso conducevano i leninisti che si erano raccolti nell’Internazionale comunista.
Alla fine degli anni Venti, la crisi economica internazionale rilanciava il tema della giustizia sociale e della necessità di interventi correttivi del capitalismo; l’espansione dell’area del totalitarismo dall’Italia alla Germania, oltre che all’Unione Sovietica, costringeva il movimento socialista a prendere consapevolezza della fondamentale esigenza di difesa della libertà e delle istituzioni democratiche; infine, l’approssimarsi degli eventi bellici, nella seconda metà degli anni Trenta, riportò in primo piano le ragioni del pacifismo, come opposizione alla guerra ed al totalitarismo, cancellando brutalmente le illusioni della Pace di Versailles.
Tutte queste condizioni offrirono un terreno per l’espansione dell’influenza del pensiero bernsteniano nei partiti dell’Internazionale operaia socialista, la cui maggioranza si orientò in senso favorevole al revisionismo bernsteniano, che offriva tra l’altro motivazioni più incisive da contrapporre alle accuse deliranti di “socialfascismo”e di tradimento, portate contro la socialdemocrazia dal Comintern.
Soprattutto il diffondersi nell’area socialista – specie nel Nord dell’Europa ed in Gran Bretagna – delle idee di Bernstein di tolleranza, di giustizia sociale, di difesa della libertà, di superamento del materialismo filosofico e storico del marxismo, rappresentò un’apertura sempre più ampia a quelle correnti di pensiero liberale non conservatore, che pur non provenendo dall’esperienza socialista, trovavano punti di contatto sempre più intensi con questa nuova fisionomia che la socialdemocrazia andava assumendo, grazie alla metabolizzazione delle idee di Bernstein.
In questo clima rinnovato, in molti paesi correnti e personalità liberali progressiste (come correnti cristiane ed anche cattoliche avanzate) si avvicinarono o confluirono nei partiti socialdemocratici, creando in esse una sintesi felice tra socialismo e liberalismo. Ed operarono insieme per la costruzione di quelle fondamenta dello Stato sociale, che andrà a compimento subito dopo la tragedia del secondo conflitto mondiale. Emblematica resterà la figura di Lord Beveridge, come quella di Bertrand Russell, o anche dello stesso Karl Popper, che non fecero mai mistero della loro scelta politica, pur ovviamente non essendo uomini di partito, né intellettuali di “accompagnamento”, ma offrendo un contributo essenziale allo sviluppo delle idee liberali e socialiste. Oppure, negli Usa, degli intellettuali impegnati nel new deal, roosveltiano, che sostanzialmente rappresentò la versione statunitense della congiunzione tra socialismo e liberalismo.
La positività dell’intervento pubblico nell’economia per correggere gli effetti negativi degli eccessi di liberismo messi in evidenza nella crisi economica cominciata nel 1929, fu dimostrata dal new deal e dalle proposte dell’economia keynesiana, del tutto compatibile con l’economia di mercato. Si trattava, almeno per quel periodo, di proposte molto più positive rispetto alle politiche iperliberistiche che erano state praticate con effetti disastrosi. I sistemi di “economia mista”che andavano nascendo un po’dappertutto costituivano il punto d’incontro tra le due forme di politica economica, per lungo tempo considerate antitetiche.
In questo quadro emerge una componente nuova, che più propriamente si avvicina anche semanticamente al concetto di “liberalsocialismo”, in quanto è promossa da personalità che provengono dal mondo liberale e non da quello socialista, e che quindi non sono state partecipi di quel moto revisionistico interno alla cultura del socialismo, che aveva trovato il suo massimo epigono in Bernstein.
Tra queste personalità spicca quella di Carlo Rosselli, che nella sua opera, Socialismo liberale, traccia le linee di fondo di una scelta decisiva tra il socialismo materialistico e deterministico (in cui includeva forse ingiustamente lo stesso riformismo italiano) foriero di tentazioni statalistiche ed autoritarie, responsabile della crisi della democrazia in Italia ed in altre Nazioni europee, ed un socialismo impregnato di etica kantiana, aperto ad una visione anche spirituale della lotta politica e quindi escatologico, con finalità rivolte al perseguimento della giustizia in ogni campo della vita della comunità, e con la libertà ritenuta inscindibile dalla giustizia. Un socialismo che accetta il libero mercato come fattore di sviluppo, ma che vede nello strumento dell’intervento pubblico un fattore di crescita e di lotta alle disuguaglianze sociali (Rosselli era stato uno dei primi convinti sostenitori delle idee di Keynes) e sostenitore di un’organizzazione dello Stato fortemente fondato sulle autonomie locali (un’idea ereditata dal socialismo fabiano).
Carlo Rosselli diede vita al movimento di Giustizia e Libertà in piena autonomia rispetto al movimento socialista italiano ed internazionale, anche perché le sue idee furono accolte in modo a dir poco ingeneroso (soprattutto per incomprensione) da molti. Con il suo pensiero e con la sua azione, conclusasi con la spietata esecuzione insieme con il fratello Nello da parte dei “cagilarsds”francesi su mandato del governo fascista, Carlo Rosselli si staglia come uno dei grandi protagonisti della sinistra italiana ed europea del secolo ventesimo.
Con lui nasce quel “socialismo liberale”che può essere considerato come la “rivoluzione antieconomicistica”del socialismo, cioè una riscoperta delle sue radici culturali ed etiche appannate dal materialismo deterministico. Un’autentica “riforma protestante”liberatrice dal dogmatismo marxista, imperante sia nella tragica versione leninista e poi stalinista, sia dall’interpretazione della stessa socialdemocrazia tradizionale, che era ormai anch’essa tutta da rinnovare dopo la crisi della prima guerra mondiale.
Rosselli fu accusato di volontarismo per la sua duplice contrapposizione sia al tatticismo del “tanto peggio, tanto meglio”che portava i partiti del komintern ad una neutralità che era un sostanziale favoreggiamento del nazifascismo; ed allo stucchevole pacifismo nei confronti del pericolo hitleriano e mussoliniano dell’Internazionale Operaia e Socialista, che obbligava le democrazie al disarmo imbelle nei confronti della minaccia della guerra, concretizzatasi con il conflitto in Spagna. Macchiato o meno di volontarismo, l’intervento antifascista nella penisola iberica fu un successo della filosofia politica di Rosselli, anche se si concluse con una sconfitta repubblicana. E l’autore di “Socialismo liberale”smentì sul piano della lotta ad oltranza per la libertà la vulgata secondo la quale il tipo di azione per la giustizia e per la libertà da lui propugnato fosse una progressiva capitolazione agli interessi della borghesia capitalistica e reazionaria. Come sostenevano i rivoluzionari ed estremisti, od anche qualche riformista. La stoffa di cui erano fatti i Rosselli era dello stesso tessuto ideale di quella di Giacomo Matteotti, o un Piero Gobetti. Con il loro sacrificio mostrarono che non si può essere autentici socialisti se l’impegno per la giustizia sociale non si accompagna ad un’intransigente difesa della libertà, anche con l’uso, quando inevitabile, delle armi, e con lo sprezzo della morte. Ed è da loro dunque che proviene l’insegnamento per cui non si può essere socialisti se non si è liberali, e non si può essere liberali se non si è anche socialisti.
E’ sia sul piano teorico e pratico insieme che Rosselli pone con forza il tema della sintesi del socialismo e del liberalismo: una sintesi che si rintraccia con evidenza nell’esperienza del Risorgimento, nel corso del quale le correnti democratiche, laiche, liberali e socialiste si ricongiunsero nell’obiettivo comune dell’unità nazionale, così come agli inizi del secolo ventunesimo si ricongiungono nell’unità europea come traguardo federalista. Perché il socialismo altro non è che il compimento alto della rivoluzione liberale.
Tutto il cammino compiuto da Rosselli nella sua elaborazione intellettuale procedette di pari passo con le sue esperienze di lotta politica ed umane. Un cammino che è il tracciato stesso di quel ricongiungimento, già avviato nel secolo diciannovesimo tra i valori del liberalismo classico ed i principi che ispiravano la propaganda e l’azione del movimento socialista: vale a dire quello che già s’iniziava a denominare come liberalsocialismo.
Luigi Rocca coglie perfettamente tutte le ragioni dell’ingresso sulla scena della sinistra italiana ed europea di questa radicale novità rappresentata da un movimento destinato a mutare la fisionomia del socialismo ed insieme ad offrire un futuro ad un liberalismo ormai anchilosato dalle sue sopravvivenze conservatrici, quando non addirittura reazionarie.
Dall’opera di Rocca risulta evidente che il socialismo liberale ha radici antiche e che Rosselli, e Calogero, seppero fondere una visione modernizzatrice che proiettano, oggi più che mai, questo movimento verso il futuro. E ciò lungo un arco temporale che va dall’Ottocento all’era della globalizzazione.
Se agli inizi il pensiero liberalsocialista potè apparire antagonistico nei confronti dello stesso pensiero socialdemocratico, oltre che ovviamente nei confronti di quello del socialismo massimalistico e del comunismo (cui lo assimilava esclusivamente un analogo piglio volontaristico) col passare del tempo e con il volgere degli eventi tali differenze andarono attenuandosi, ed oggigiorno appaiono pressoché cancellate.
Un avvicinamento fu dovuto – a ben guardare – già al tempo del primo conflitto mondiale. Lo spirito dell’interventismo democratico che animò Rosselli si avvicinava non soltanto alla tradizione mazziniana e soprattutto garibaldina ben presente nelle origini del socialismo italiano, ma presentò punti di indubbia convergenza con le posizioni assunte dalle socialdemocrazie europee che vincolate come erano ai processi di nazionalizzazione delle masse, finirono per emarginare le pulsioni pacifistiche e le proposte rivoluzionarie non soltanto bolsceviche, ma anche quelle emerse nelle conferenze di Zimmerwald e di Kienthal.
Due fondamentali affinità emersero tra liberalsocialismo e socialismo riformista nei decenni successivi, che diradarono le diffidenze che si registrano alla rilettura dei giudizi critici espressi su il “Socialismo Liberale”all’atto della sua pubblicazione non soltanto da Togliatti (il che era ovvio) anche di riformisti come Saragat.
Queste affinità che divennero decisive riguardavano in primo luogo l’adesione ai valori dello Stato liberale ed alla dimensione universale della democrazia da parte delle socialdemocrazie prima e durante il secondo conflitto mondiale, quando si dimostrò evidente l’imprescindibilità di tali valori nella lotta contro il totalitarismo nazifascista. Essi trovarono successivamente la loro sacralizzazione nel congresso di Francoforte del 1951, in cui si ricostituì l’Internazionale Socialista, nel quale si riaffermarono i principi antitotalitari ed il legame indissolubile tra democrazia e socialismo anche contro il totalitarismo comunista e l’espansionismo imperiale sovietico.
Il secondo grande punto di riferimento è stato (e si è consolidato) il percorso di impegno economico e sociale rappresentato dall’insorgere dello Stato Sociale e del sistema dell’economia mista, ben presente sia nell’opera rosselliana – fortemente ispirata dal pensiero keynesiano – e dalle esperienze dei paesi scandinavi, e che si espansero nell’opera di ricostruzione dell’Europa, a partire dal “piano Beveridge”che segnò la confluenza tra socialismo riformista e liberalismo progressista nella comune risposta sia all’ideologia collettivista della statizzazione dell’economia, sia al liberismo sfrenato ed irresponsabile delle classi dirigenti conservatrici.
Su questi due pilastri si è formato, infatti, quel modello di cultura socialista, che accoglie in sé, in una grande sinergia storica sia il riformismo socialista, sia la corrente liberalsocialista.
Si può dire che oramai socialismo democratico, riformismo socialista, socialismo liberale e liberalsocialismo siano tra di loro sinonimi. Rappresentano in forme verbali diverse sostanzialmente la medesima cosa: la realtà attuale del movimento socialista nella sua vasta gamma, differenziato secondo le varie caratterizzazioni nazionali e continentali. Un movimento vastissimo, su scala globale, allo stesso tempo rappresentativo delle singole società in cui sono sorti, si sono sviluppati i vari partiti che compongono l’Internazionale socialista.
In tal modo, nel loro complesso essi hanno compiuto un passo storico in direzione del passaggio da una rivoluzione liberale, da cui hanno ereditato i valori di libertà per completarli in una rivoluzione sociale che ha di mira l’affermazione dei diritti umani, dell’uguaglianza e dell’emancipazione dei Poli e delle classi più deboli.
Il socialismo, nella fase attuale, è dunque il compimento di un processo di trasformazione liberale della società, che presenta sempre di più segni tangibili di tale trasformazione, sia pure in forme diverse e contraddittorie, pacifiche o altamente drammatiche.
Una trasformazione significativa è quella che riscontriamo nella struttura economica e sociale, specie delle aree storicamente più evolute del mondo. In esse si registra infatti una crescente socializzazione delle risorse, nel senso che dapperttutto la quantità delle risorse che vengono trasferite alla collettività è crescente.
Il riformismo praticato dalle forze socialiste, che appariva minimalistico ed inconsistente a rivoluzionari ed intransigenti, ha alla lunga dato luogo ad un cambiamento epocale. Qualcuno, come Karl Popper, l’aveva definito “riformismo a spizzico”, oppure “riformismo d’accompagnamento”. Che era stato contrapposto ad un “riformismo di struttura”non meglio identificato.
Invece questi “programmi minimi”ma corrispondenti ad esigenze reali della società e dei cittadini hanno finito nel loro complesso per cambiare alle radici i rapporti di vita reale in senso fortemente solidaristico. Hanno socializzato la previdenza; la sanità, i trasporti; l’istruzione. Hanno spostato quote imponenti di risorse dagli individui che le producevano alle istituzioni pubbliche, dal governo centrale agli enti locali chiamati a gestirle.
All’inizio del 900’il volume dei trasferimenti era in media il 4%. Keynes pronosticava nel 1924 che sarebbero saliti al 20%, non di più. Alla fine del secolo essi si aggirano tra il 40 ed il 50%, cioè quasi metà della ricchezza prodotta dai singoli viene affidata alle istituzioni pubbliche per provvedere ai bisogni della comunità. E nonostante ciò i bilanci pubblici sono costantemente in rosso: una trasformazione così radicale è stata determinata dall’azione riformistica, trasformando il volto della società attuale.
L’ineluttabilità di un riformismo socialista liberale transnazionale conferma la piena identificazione che si è realizzata tra l’origine liberale e quella socialdemocratica delle correnti storiche che sono in essa convenute.
L’opera di Luigi Rocca ne offre un’ulteriore prova. A conclusione della sua lettura, potremmo affermare che il dilemma inestricabile che molti in passato hanno voluto rinvenire nel concetto di liberalsocialismo deve considerarsi largamente superato. E che l’ “ircocervo”di cui parlò Benedetto Croce in polemica con Calogero per significare il carattere meticcio del liberalsocialismo è pura fantasia.
Semmai, si dovrebbe parlare dell’incrocio felicemente riuscito tra due purosangue che ha dato vita ad un autentico cavallo di razza.

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venerdì 8 ottobre 2010

LUNA NUOVA -- venerdi 8 ottobre 2010 -- da Ajahn Munindo

Restare liberi da avidità
anche in mezzo agli avidi
è vera felicità.

Dhammapada strofa 199


Tutti abbiamo dei valori a cui ci atteniamo per essere degni di
rispetto: l’onestà, l’altruismo, la generosità, sono degli esempi.
Tuttavia, quando chi ci sta intorno si muove in una direzione diversa,
può diventare difficile vivere allineandoci a questi valori. Il Buddha
lo sapeva, ma affermava che vivere così è la fonte della felicità. Se
ci rammentiamo come ci si sente quando tradiamo noi stessi,
comprendiamo come sia l’opposto quando ci sforziamo di attenerci
all’integrità. O consideriamo come ci si sente se ci concentriamo
sulla gratitudine invece di indulgere nel senso di mancanza. Lasciando
andare i pensieri, non aggiungendo né togliendo niente a questo
momento, ci orientiamo verso una pace interiore e una contentezza che
è la natura sempre presente del nostro vero cuore. Stabilizziamoci in
questa consapevolezza e non ci sentiremo più intimiditi dagli altri.

Con Metta

Bhikkhu Munindo

(Ringraziamenti a Chandra per la traduzione)

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Santacittarama
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(alternativa): santa_news@libero.it


www.santacittarama.org
www.forestsangha.org (portal to wider community of monasteries)
www.fsnewsletter.org (newsletter in English)
www.dhammatalks.org.uk (audio files)

Podere Il Monte.

Anche oggi, la breve descrizione di un nuovo progetto comunitario in Italia, con un caldo invito a tutte le persone coinvolte in pionieristiche esperienze di vita comune ad inviare due righe di presentazione a Viverealtrimenti

Progetto comunitario che prende ispirazione dalla dimensione delle antiche case coloniche, in cui le famiglie si supportavano nel lavoro dei campi e nella gestione degli animali, integrata con gli attuali principi di eco-sostenibilità.
È stata creata la Società Agricola “Il Monte s.s.”, proprietaria del podere omonimo a Vicchio (a circa 30 km da Firenze e molto vicino alla Cooperativa Agricola Il Forteto, di cui si è abbondantemente parlato nella sezione Toscana), con edifici da restaurare o ricostruire e 20 ettari di terreno in parte boscoso (con forte presenza di alberi da marroni), in parte adibito ad uliveto ed in parte da coltivare.
Cercano famiglie con “buona attitudine comunitaria” interessate ad aderire al progetto, prevedendo di realizzare unità abitative indipendenti e spazi comuni. Le famiglie interessate possono mettersi in contatto per avviare un processo di conoscenza reciproca, considerato un presupposto essenziale per un coinvolgimento più profondo.

Frazione Rossoio,45 - Vicchio (FI)
Tel 055-8493016
E Mail posta@ilmonte.net
Web Site www.ilmonte.net

giovedì 7 ottobre 2010

Il Progetto di Will e Mira.

Vivere
altrimenti ha il piacere di accogliere nel network comunitario di cui tenta di essere un divulgatore, il progetto comunitario presentato di seguito, menzionato anche nella sezione "lavori in corso in Italia" del sito di Viverealtrimenti


CHI SIAMO

Siamo una coppia che ha deciso, negli ultimi anni, di svincolarsi dai molti condizionamenti culturali, sociali, economici che riducono in schiavitù l’essere umano cosiddetto “civilizzato”. Stiamo facendo un percorso personale per ridurre al minimo i consumi e gli sprechi portando consapevolezza nelle azioni e nelle scelte quotidiane.
Cerchiamo di seguire il più possibile uno stile di vita igienista ed ehretista, che comprende un’alimentazione fruttariana crudista, esercizio fisico, meditazione, sole e aria pulita. Evitiamo droghe e stimolanti, pratichiamo digiuno quando il corpo lo richiede, come mezzo per ritrovare la salute, e cerchiamo di frequentare ambienti armonici nella natura dove c’è molta energia vitale. Abbiamo fiducia nei nostri propositi e nelle nostre capacità.
Siamo stati in viaggio in Italia (e in Asia 5 mesi) con soluzioni di scambio lavoro, facendo esperienza agricola e imparando molto dalla relazione con la natura, con gli esseri umani e con gli altri animali.
Attualmente stiamo valutando terreni in Italia.

LO SCOPO

Staccarsi definitivamente dal contesto urbano e non dipendere più dai bisogni indotti, tra i quali i soldi. Essere autonomi e autosufficienti dal mondo esterno, nel vero senso della parola, per approvvigionamento acqua, cibo, oggetti utili, abitazioni-rifugi e infine vivere di raccolta e autoproduzione in un contesto a impatto ecologico al minimo.
Tuttavia senza rinunciare a mezzi di comunicazione come il computer con internet o elettrodomestici eventuali (torcia, centrifuga, frullatore, ecc..) funzionanti con pannelli ad energia solare.

IL LUOGO


Cerchiamo un luogo in pianura o collina, immerso nella natura con una bassa densità di popolazione nei dintorni e nella regione, magari vicino ad una montagna dalla quale scaturisce un fiume da cui avere acqua a valle. Situato vicino ad un bosco e lontano da eventuali risorse che potrebbero interessare a fini economici.
È preferibile che vi siano già molti alberi da frutto e una terra fertile per coltivare in un luogo soleggiato e protetto da correnti forti. Il luogo non dovrebbe essere interessato ad operazioni di aerosol clandestine (chemtrails). Un opzione alternativa potrebbe essere quella di unirsi ad una comunità già esistente, qualora ci trovassimo bene insieme.

ATTIVITA’

Desideriamo attuare la permacultura, senza sfruttare né animali né piante, ma aiutando a ricreare ecosistemi funzionanti e prediligendo una fauna antropica (animali che possano integrarsi autonomamente). Per noi piante, animali e uomini sono considerati alla pari, senza discriminazioni di nessun tipo. Rispettiamo la vita armonica delle piante volendo condividere il loro linguaggio extrasensoriale. Si potrà agevolare la crescita delle piante con sistemi benefici ed energetici (a questo proposito si legga “La vita segreta delle piante” di Peter Tomkins).
Uno stile di vita semplice, libero da molte delle stimolazioni sensoriali che ci avvelenano nella realtà civilizzata, porterà a raggiungere la salute del corpo e dello spirito, risveglierà pienamente la nostra coscienza in questo importante periodo che stiamo vivendo. Il tutto senza sentimenti di privazione. Ma cercando di percepire sempre l'abbondanza, la comodità.
Noi puntiamo all’ autosufficenza energetica al 100% anche raggiunta nel tempo. Quindi inizialmente potremmo usufruire di servizi comunali per erogazione gas o energia elettrica.
Un potenziale di guadagno minimo potrebbe attuarsi attraverso piccole vendite, artigianato vario o seminari. A offerta libera potremmo tenere incontri, corsi, anche progettando una casa della salute.
La terra ci donerà quanto necessario per il sostentamento fisico e spirituale. Coltiveremo da seed-savers molte varietà antiche da proteggere.
Il sistema agricolo dev’essere autosufficiente. Minimo disturbo del suolo. Rimboschimento impiantando foreste e macchia per proteggere il suolo.
Piante e animali forniranno spontaneamente combustibile, concime, lavoreranno il terreno, controllando insetti nocivi e infestanti, permetteranno il riciclo delle sostanze nutritive, l'arricchimento dell'habitat, l'aerazione del suolo, la prevenzione degli incendi e dell'erosione e così via. Il tutto senza alcuno sfruttamento.
Disporremo gli elementi del sistema (casa, frutteto ecc.) secondo la frequenza d'uso e di manutenzione.
Potremmo disporre alberi alti e di media altezza con uno strato inferiore di cespugli e piante erbacee. È molto importante organizzare il sistema in modo da ridurre al minimo la competizione per l'acqua e la luce.
Strette associazioni di specie raggruppate attorno a un elemento centrale (pianta o animale) operano principalmente in relazione all'elemento centrale favorendone la crescita, facilitandone la gestione e mitigando eventuali fattori ambientali avversi.
Si possono coltivare piante per proteggere il suolo dall'erosione e per fornire sostanza organica. Di solito si utilizzano le colture tappezzanti nei giovani frutteti, negli orti e nei campi durante la stagione fredda e talvolta sono sovesciate prima della fioritura e dell'emissione di semi. Il sovescio consiste in piante sotterrate nel terreno per aumentarne la fertilità, per es. leguminose.
Un elemento importante dell'orto è lo stagno che, anche se di piccole dimensioni, può essere utilizzato come rifugio per le rane predatrici d'insetti. Gli specchi d'acqua modificano la temperatura dell'aria anche attraverso l'evaporazione. Piccoli laghi, stagni o bacini possono essere moderatori climatici efficaci, in particolare nelle aree aride.
L'acqua piovana raccolta è il migliore accumulatore di calore esistente.
In permacultura, l'esposizione viene presa in attenta considerazione in modo da trarne i maggiori vantaggi possibili. I pendii soleggiati, per esempio, sono particolarmente indicati per gli alberi da frutto e l'abitazione, perché in essi si registra il maggiore calore possibile in inverno.
Le barriere di piante frangivento sono usate da lungo tempo per proteggere case, animali e colture dai venti e sono le più efficaci nel controllo del microclima.
Gli alberi decidui piantati lungo il lato sud ed est della casa permettono al sole di riscaldare l'abitazione durante i mesi più freddi, senza che le foglie facciano da schermo. D'estate, invece, ombreggiano la casa impedendo che i raggi del sole colpiscano il tetto. Alcuni graticci, coperti di piante rampicanti sono usate da sempre per coibentare muri e tetti.
Per fornire calore, possiamo addossare la serra alla casa.
La frescura presente in grotte, cisterne di mattoni, rifugi antincendio e scantinati risulta molto utile per l'immagazzinamento e la conservazione di una gran varietà di alimenti.
Con la sostanza organica compostata concimeremo alberi e arbusti. I gabinetti a secco (compost toilette) o a fossa non utilizzano acqua e forniscono sostanza organica compostata che può essere utilizzata per concimare alberi e arbusti.

COME ARRIVARCI

Stiamo valutando un luogo adatto all’essere umano frugivoro con viaggi in luoghi mirati per esplorare zone, realtà culturali, ambientali, ecc..
L’unione fa la forza. Anche se per ora siamo dislocati quà e là, grazie a internet possiamo tenerci in contatto e scambiarci informazioni. Vorremo che ognuno di noi interessati partecipasse attivamente o da casa (con ricerche da libri o internet) o viaggiando (per esempio recandosi in campagna per visitare terreni, centri di permacultura, di coltivazione di varietà antiche, o quant’altro, incluso incontrare persone che possano fornire informazioni ed esperienze utili. Ognuno può dare un occhio ai terreni nelle campagne a lui vicine. Analizzando i pro e i contro (cacciatori, terreni limitrofi trattati con la chimica, ecc.ecc..)
A parte è pubblicata una lista delle tematiche da approfondire nelle quali possiamo tutti contribuire. Teniamoci aggiornati via mail.
Tutte le nuove informazioni possono essere diffuse nel blog pubblico sotto comune accordo, omettendo eventualmente nomi e luoghi specifici, oppure possono essere diffuse agli interessati senza renderle pubbliche sul web. Decideremo in base ai casi.
Chiunque specificherà di voler o non voler diffondere info utili al progetto o ricevere mail da noi verrà ascoltato e rispettato.

CHI CERCHIAMO

Cerchiamo persone apolitiche e non legate alle istituzioni religiose o fanatiche di chiesa (CL, ecc..) o quant'altro di istituzionale, che vogliano partecipare attivamente al progetto e vorremmo creare un gruppo. Persone con uno spirito gioioso e avventuroso. Umili, oneste e fiduciose nelle leggi universali della natura vivente. Persone che, come noi, si sono rese conto del grande inganno cui siamo soggetti (avvelenamento del cibo, dell’acqua, dell’aria, propaganda di farmaci, vaccini e alimenti non idonei all’essere umano, elettro smog, signoraggio bancario, ogm, haarp, minaccia nucleare ecc..) e dei pericoli che si corrono rimanendo all’interno del “sistema” e dei contesti urbani.
Persone interessate ad ascoltare l'essere psichico in noi, la nostra guida spirituale.
Non vogliamo asservirci al potere, che ci riempie di illusioni per comprare il nostro consenso con un irreale benessere.
Se i nostri propositi vi appaiono ambiziosi, abbiate il coraggio e volontà di credere in voi stessi e nelle vostre capacità. In tal modo si può rendere possibile questo viaggio di risveglio della coscienza. Per sviluppare un amore vero e puro è necessaria una trasformazione. Le vecchie abitudini andranno abbandonate per il nuovo e questo è doloroso. L’imprevedibilità dell’ignoto tende a portarci verso ciò che ci è familiare, dato che ci da apparenti garanzie, perciò va operata una scelta decisa per maturare verso una vera indipendenza.
Consideriamo la frutta il cibo adatto all’uomo. I cadaveri e i cibi morti sono dannosi stimolanti, al pari del fumo o dell’alcool. Per essere lucidi e svegli evitare l’uso di sostanze che creano dipendenza.
Preferibilmente l’alimentazione dei partecipanti al progetto sarà in direzione del vegan crudismo, cioè frutta e verdura.

NOTA IMPORTANTE

Noi crediamo nell’uguaglianza di ogni essere e per questo fra di noi non ci sarà alcuno che avrà in qualche modo più potere di un altro membro. Se una persona possiede di più e deciderà di sua spontanea volontà di mettere in comune beni come soldi, frutta, casa, abilità particolari o quant’altro, per questo non dovrà aspettarsi nulla in cambio in quanto verrebbe a crearsi una situazione di debito nei suoi confronti. Nessuno sarà in debito con qualcun’altro. La cooperazione fra di noi è fondamentale e non ha nulla a che vedere col debito ma si basa sull’onestà, sull’amicizia e sul rispetto reciproco. Non si devono nascondere le proprie idee o dubbi con gli altri.
Di preferenza i soldi investiti per il progetto verranno divisi equamente.
Chi e’ interessato a unirsi al nostro viaggio e al nostro progetto ci contatti utilizzando i contatti segnalati di seguito:

Tel (+39) 3397734004
E Mail rawvegan@email.it

Essendo in viaggio non avremo sempre occasione di controllare la mail, quindi potremmo rispondervi in ritardo. Aggiornamenti sul blog: http://rawvegan.myblog.it/

A presto, Mira e Will

mercoledì 6 ottobre 2010

Prossimo week end ed altre iniziative al Villaggio Verde.

Carissimi Amici e Soci
una breve comunicazione per ricordarvi i due appuntamenti che vi proponiamo, per il prossima fine-settimana, al Villaggio Verde e segnalare che oggi si chiudono le iscrizioni al corso del primo anno dell'Accademia Bardica e Druidica Italiana "Oltre la Nona Onda" che ospiteremo per il secondo incontro il 16 e 17 ottobre (per maggiori informazioni visitate il sito www.oltrelanonaonda.it oppure www.olno.it).
Si aprono invece le prenotazioni per partecipare al Seminario sulle campane tibetane con giorgio Grungo che si terrà domenica 24 dalle 10 alle 18.00. Per informazioni visitate il sito: www.arteterapiamercurio.it, per iscrizioni telefonate a Meryu al n. 392 7754415.
Un caro saluto dal Consiglio direttivo dell'Associazione.

Associazione di Promozione Sociale "Amici del Villaggio Verde"
Loc. S. Germano - 28010 Cavallirio (Novara)
Tel: 0163 80447 (Ufficio) - 347 6485894 (Mery) - 333 7639262 (Mirai)
Mail: info@villaggioverde.org
Web: www.villaggioverde.org


Si ricorda che la partecipazione alle nostre attività è rivolta ai soci dell'Associazione
TESSERA 2010: euro 15.00 comprensiva di assicurazione CONACREIS
valida in tutti i centri affiliati al Coordinamento Nazionale delle Associazioni e Comunità di Ricerca Etica, Interiore e Spirituale.

Metafisica
Saint Germain - Conny Mendez
Conferenze al Villaggio Verde


Sabato 9 Ottobre, ore 17.00

Meditazioni quotidiane
Relatore: Giorgio Battistelli
Ingresso libero - donazione amorevole
Rivolto agli associati
www.metafisicaitalia.it

Villaggio Verde, autunno 2010.
Incontri della Fondazione Bernardino del Boca


Domenica 10 Ottobre ore 15.00

Testimonianza su Bernardino del Boca del Dr. Filippo Falzoni Gallerani

Ore 17.00
Visione conferenza del Professor del Boca registrata al Villaggio Verde.
A cura di Graziella Rondano.

Per informazioni visitare il sito www.fondazionebernardinodelboca.it

martedì 5 ottobre 2010

Incontro annuale Rete Bioregionale a San Severino Marche - 30 e 31 ottobre 2010 -

Comunichiamo che l'incontro annuale della Rete Bioregionale Italiana
si tiene quest'anno a San Severino Marche il 30 e 31 ottobre 2010.
Si farà nel podere di Lucilla Pavoni, su una bellissima collina
isolata, si può campeggiare con tenda gratuitamente, sempre
gratuitamente nell'abitazione di Sonia (che si trova a Jesi) ed
anche in un locale pianterreno di Treia, a pochi km da San Severino,
dove però non ci sono servizi né mobili, occorre in tal caso portarsi
una brandina pieghevole e coperte. Altre sistemazioni possibili in
pensioncine vicine.
Ognuno porta il cibo bioregionale dal suo luogo di provenienza e si fa
la cucina e vesseille assieme. Nel programma é compresa una
passeggiata per conoscere le erbe locali.

L'argomento trattato, a giro con il bastone, é l'esperienza quotidiana
di ognuno nella pratica bioregionale ed ecologista e proposte per la
continuazione e rilancio della Rete Bioregionale Italiana. Interventi
di 10 minuti ciascuno. Sono benvenuti anche
interventi musicali e poetici.

Chi volesse maggiori informazioni scriva a
saul.arpino@gmail.com
Di seguito anche un paio di recapiti telefonici:
Paolo: 0733/216293 -
Sonia: 333.7843462


L'incontro é aperto a tutti coloro che si riconoscono nella Carta
degli intenti della Rete Bioregionale Italiana, riportata di seguito:

Bentornati a Casa!
Una bioregione è un luogo geografico riconoscibile per varie
caratteristiche: clima, suoli omogenei, specie vegetali e animali,
bacini idrografici nella loro integrità, versanti montani, eccetera,
ma anche le culture umane, considerando in particolare quelle prodotte
da popoli che da tempo immemorabile hanno saputo convivere in armonia
con tutto questo.
Per bioregionalismo si intende la volontà di ri-diventare nativi
del proprio luogo, della propria bioregione. Possiamo fare tutte le
scoperte possibili, usare la tecnica, la scienza; possiamo andare
sulla luna e comunicare via satellite, ma alla base della nostra
sopravvivenza fisica, psichica e spirituale ci sono questi alberi,
queste erbe, questi animali, queste acque, questo suolo del luogo dove
viviamo. L’evoluzione sociale e tecnologica è ecologicamente
compatibile solo su “piccola scala”, localmente e ancorata ad una
visione olistica del sapere.
L’idea bioregionale consiste essenzialmente nel riprendere il
proprio ruolo all’interno della più ampia comunità di viventi e
nell’agire come parte e non a parte di essa, correggendo i
comportamenti indotti dall’affermarsi di un sistema economico e
politico globale, che si è posto al di fuori delle leggi della natura
e sta devastando, ad un tempo, la natura stessa e l’essere umano.
Il bioregionalismo si rifà ai principi ecocentrici , riconoscendo
che l’equilibrio ecologico esige una profonda trasformazione nella
percezione che abbiamo come esseri umani riguardo al nostro ruolo
nell’ecosistema planetario. Questa consapevolezza non è qualcosa di
completamente nuovo, ma affonda le sue radici negli antichi saperi dei
popoli nativi in ogni parte del mondo e nelle grandi tradizioni
spirituali occidentali e orientali.
Il modo più appropriato per iniziare a ri-abitare non è attraverso
leggi o regolamenti imposti, ma ponendosi in prima persona in
relazione al luogo in cui si vive: scoprendone i significati, gli
scambi, individuandone i contorni, dedicandosi ad attività sostenibili
con la propria bioregione.
L’idea bioregionale, punta ad inserirsi nelle pieghe della
società; per riuscirci diverse possono essere le modalità, i linguaggi
e le forme, ma, al di là delle differenze, ciò che accomuna i
bioregionalisti è la consapevolezza di essere parte di un insieme
senziente.
L’idea bioregionale è ispirata dai sistemi naturali e selvatici;
per sua natura, pertanto, si esprime attraverso la forma decentrata.
Nell’introdurre questo concetto, si richiede la sensibilità di
esporlo in modo che ogni persona, gruppo o realtà sociale lo senta
proprio e nel proprio luogo si organizzi per radicarlo.

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Ciao a tutti e grazie del passaparola...
Paolo D'Arpini

Articoli vari sulla Rete Bioregionale Italiana: http://www.google.com/search?hl=it&client=gmail&rls=gm&q=rete+bioregionale+Italiana+&btnG=Cerca&aq=f&aqi=&aql=&oq=&gs_rfai=