A margine di molte "storie d'Oriente", presentazioni ed approfondimenti riguardo "comunità intenzionali ed ecovillaggi", credo sia giunto il momento di tirare una sana boccata di ossigeno estremo-occidentale, per parafrasare Tiziano Terzani. Di seguito un articolo di Roger Rosenblatt su New York, sullo sfondo del tragico 11 settembre.
L'articolo è stato tradotto dall'amico di lunga data Flavio Rizzo, negli States da quasi un decennio dove ha insegnato, per un nutrito periodo, letteratura comparata in un'università della Grande Mela. Oggi vive buona parte del tempo in Vermont, in una fattoria da cui mi giungono nuove di una crescente familiarità con le patate ed altri ortaggi. Grande viaggiatore, abbiamo avuto modo di condividere le rispettive disavventure con due diversi generi di ameba, l'una, indiana, ospite del mio intestino per circa 9 mesi (mi ci ero affezionato come ad un animale domestico), l'altra, contratta da Flavio in Bolivia, lo stava proiettando nella dimensione di una irreversivbile OBE (Out of Body Experience) in virtù di una fulminea disidratazione.
Eluso, momentaneamente, il grande passo, Flavio e la compagna Veruska hanno collaborato, come traduttori, alla pubblicazione del testo di Jack Hirschman In danger, un'antologia di scritti di Pier Paolo Pasolini, per la famosa City Lights Books.
L'articolo:
Un barbone che conoscevo come Charlie, che era solo un po' più pazzo di noi,decise alcuni anni fa di mettere su un salotto sul marciapiede
fuori della chiesa sulla 86esima e Amsterdam. Aveva scovato un divano
sfondato, un paio di tavolinetti, una poltrona pieghevole bloccata
nella posizione reclinata, un vecchio tappeto che probabilmente era
arancione negli anni 60 e una lampada con il filo della corrente
elettrica attaccato al niente. Era un posto carino e visto che
conoscievo Charlie perché era uno del quartiere, mi sono seduto nel
suo salotto a cielo aperto per parlare. Dopo un pò era chiaro che lo
stavo annoiando. 'bene Roger' mi disse attraverso i quattro denti che
gli rimanevano 'ho apprezzato la nostra conversazione ma aspetto
ospiti'.
Lasciateci innalzare le città famose ma non per le ragioni sbagliate.
Dopo l'11 settembre, molti eleganti uomini di potere dal sindaco in
giù hanno venduto questa città ai turisti come un posto caldo ed
accogliente, forte del sogno. New York é alcune di queste cose,
qualchevolta, ma questo non é il motivo perché milioni di persone sono
grate a questa città. La ragione perché l'amiamo così tanto é perché
é difficile vivere qui. Venite a visitare New York e osservate la
strana grazia nata da una vita difficile e pazza. Accogliente? La
prima notte che i miei nonni sono arrivati a St Mark place da Ellis
Island sono stati derubati di ogni piccola cosa. I giovani che vengono
a vivere a New York oggi sono accolti con appartamenti impagabili e
lavori introvabili. Vengono, né più né meno, perché che loro lo
sappiano o no cercano guai, guai della peggior specie. Quando li
superano con successo cambiano e diventano newyorkesi.
Questo é un posto elastico, ma questo lo sapevamo anche prima dell'11
settembre. Ci vuole un coraggio folle a vivere qui. La gente dice che
la città é un microcosmo delle ambizioni del Paese, che New York é
l'America. Non ci credo. Non ho mai visto nessun posto in America
nemmeno lontanamente vicino a quello che é New york City. Quello che
rende la città differente é una sorta di 'selvaticità civilizzata'
nata dalla compressione. Nel profondo dei loro cuori i newyorkesi
vivono in maniera confortevole con la loro irrazionalità da thriller,
forse perché la città in se é così incredibile da crederla reale. In
momenti meno drammatici, lo stile di vita di New York mischia
difficoltà e pazienza (coperta da una patina di irritabilità) per
produrre una resistenza unica. I divertenti spot pubblicitari con le
superstar ora ci dicono di una città di sognatori. Ma la maggior parte
dei newyorkesi non sono ossessionati dai sogni. Il sogno é di viverci
in questa città, il sogno era di arrivarci a New York. La maggior
parte di noi sono più che contenti di arrivare a casa ogni sera.
'Quanto un newyorkese può sopportare ancora?' é stata la domanda
sentita il giorno dopo lo schianto dell'aereo in Queens. L'intero
processo si sopportare costituisce la metà di quello che é la città.
L'altra metà consiste in quello che può offrire al resto del mondo.
New york é la capitale del mondo non per la sua ricchezza e la sua
influenza, ma perché vive la verità universale non detta che la vita é
dura, e sapere questo che fa diventare piccole vittorie grandi
trionfi. La bellezza creata in tutte queste follie e difficoltà é
strana ma autentica. Ne siamo particolarmente grati quest'anno quando
la bellezza della città é stata danneggiata in maniera così dolorosa.
Nel tardo pomeriggio d'autunno, quando il sole freddo si dissolve da
qualche parte in New Jersey, le luci della grande città si accendono e
tutto sembra piccolo e pieno e dolce. E' un illusione, é vero, ma a
volte dura tutta la notte.