Di seguito, una lettera saggioo dell'amico Plinio Perilli, critico letterario, in merito ai primi 2 titoli della Viverealtrimenti Editrice.
Plinio:
Per Manuel Olivares
e i suoi comunardi ecovillaggi o Giardini dell’Eden…
Caro Manuel,
quest’estate dunque ho fatto una scorpacciata dei tuoi libri: parlo nella fattispecie degli ultimi due, e in contemporanea, passando peraltro da uno all’altro senza soluzione di continuità… Due testi in effetti simmetrici, felicemente specchiati, biunivoci, rifrangenti – che mi tengono compagnia e mi inducono a viaggiare con loro: nei paesi, nei luoghi, nei “siti” comportamentali, e soprattutto nelle ininterrotte, irrinunciabili odissee della Psiche; fra i corpi “idealisti” e perfino nei linguaggi accaniti o taciturni quasi di tre generazioni di giovinezza…
Fu vera gloria? insinuava, catechizzava Manzoni per le impennate, sciabolanti imprese napoleoniche… Figurarsi per le grandi conquiste e le piccole ma assolute guerre di Libertà che oggi – ma ancor più nei decenni scorsi – un drappello eroico di paladini frikkettoni combatterono, per se stessi e per noi tutti, a nome dell’inseguita, conclamata, rivendicata Pace Nel Mondo…
Ai posteri l’ardua sentenza – ma dove sono i posteri?, le vie luminose di una posterità che oggi langue o si macera nella totale anarchia della speranza, in preda a una sindrome da benessere all’ultimo grado sconsolata d’anima e orfana di qualsivoglia autocoscienza…
Lontane, troppo lontane, Manuel, le emozioni distillate e poi bevute in versi dei padri storici della beat generation… Loro, oh loro sì, ebbri sempre di libertà e promesse magnanime! Ricordi certi passaggi, certe arringhe per l’appunto lirico-libertarie di Kerouac?:
È un amico fallo sognare;
Non è tuo fratello, non è tuo padre,
Non è San Michele, è uno qualsiasi.
È sposato, lavora, continua a dormire
Dall’altra parte del mondo,
Va’ a meditare nella Grande Notte Europea
Ve lo spiego a modo mio non al vostro,
Bimbo, Cane – – ascoltate: cercate la vostra anima,
Andate a fiutare il vento, andate via, lontano.
Ti sto scrivendo, ora me ne rendo conto, una lettera-saggio dove ti do conto di questa emozione, di questa Utopia concretata… Ah, questi intellettuali nostrani, che nemmeno per fare i complimenti agli amici sanno staccarsi dalle forme codificate, dai codicilli seppur felici della cultura codificata!…
… Cercate la vostra anima, / Andate a fiutare il vento, andate via, lontano.”…
E tu l’hai preso proprio alla lettera, Padre (o meglio, Nonno) Jack On the Road…
La vita è una disgrazia. Chiudete il libro, tirate avanti,
Non scrivete più sui muri, sulla luna,
Nella Taverna del Cane, nel mare, nel fondo nevoso.
Cercate Iddio nelle notti, anche le nuvole.
Quand’è che si chiuderà questo gran cerchio nel teschio
Ah, Neal; esistono uomini, cose da fare, fuori.
Grandi immense tombe d’Attività
nel deserto africano del cuore,
Angeli neri, donne a letto
con le belle braccia aperte per te
da ragazze, un po’ di tenerezza
Implorano nello stesso sudario.
… Esistono uomini, cose da fare, fuori… Emozione, dicevo, utopia concretata…
“Benvenuti in una storia che inizia in un modo banalmente post-moderno”…
Fortuna che sei autoironico, Manuel caro! Non ne potevamo più di questi stereotipi e perfino del loro esatto contrario; dei tòpoi borghesi e delle risvoltate, rovesciate trasgressioni catartiche… Occorreva insomma una grande, impietosa prova – o autoritratto – di dolente sarcasmo: epocale, libertario, psicologico, narrativo…
Benissimo allora accelerare e aggirare l’impervio, affabulato Mito (smitizzabile) della Giovinezza, con una sana, agile professione (e profusione) d’ironia omeopatica, sfottò – evviva – sapientemente psicoterapico…
“ Siddharta – i suoi amici gli hanno affibbiato un soprannome un po’ abusato e forse impegnativo dopo aver letto, a turno, il celebre romanzo di Hermann Hesse – è stato iniziato oggi al Sahaja yoga ed ha la Kundalini che corre libera nelle sue nadi.
Di lui posso iniziare a dire che, quasi del tutto digiuno di senso pragmatico della vita, tenti rocambolescamente di rifarsi coltivando una vaga propensione mistica.
Figlio della New Age, di cui ha respirato in famiglia le autentiche suggestioni dei primordi e le più recenti cadute becere, ha millantato troppe volte una dubbia tensione a vivere semplicemente qui ed ora, avvolto in un’aura di ‘sdrammatizzata’ buddità”. (pp. 5-6)…
Ebbene, sempre più ammaliato, intrigato dalla qualità (e quantità) di ricerca di Comuni, debbo anche e al contempo riconoscere che Un giardino dell’Eden (diciamo così, il suo monozigotico “gemello” narrativo), ha delle sue precise doti espressive, “visive”, nonché di ritmo, che davvero lo rendono adattabilissimo a una sorta di riduzione diciamo cinematografica… Lasciamo stare le ingenuità – che vi sono – ma in ogni caso compensate dalla insolita freschezza e soprattutto necessità del suo porsi, imporsi, scomporsi, deporsi, riporsi – come creatura paradossalmente e (forse) parodiatamente sincera di un mondo e un modello dominante viceversa spasmodicamente falso e atteggiato al nuovo:
“ La sua mente è un groviglio di desideri contrastanti per cui, da anni, si affida fiducioso a quotidiane sedute di meditazione. Tuttavia, maldestro quasi come Will Coyote o Lupo de Lupis, la sua ricerca di ‘mente vuota’ approda solo di rado a qualche fragile risultato.
Siddharta studia lingue orientali e sta cercando di specializzarsi in sanscrito.
Ha avuto la sua brava esperienza in India, alcuni anni or sono da cui sostiene di essere stato cambiato.
Al momento vagabonda da alcuni mesi senza avere un posto fisso dove stare ma, a suo modo, è un signore.” (p. 6)…
“Di Manuel mi è sempre piaciuta la ‘velocità californiana’.” – scriveva Angelo Quattrocchi, nostro compianto amico e rimpianto editore di Malatempora, la Libertà libertaria fattasi stampatrice, propagatrice in proprio… – “L’ho toccata con mano sin dai nostri primi incontri. Dopo averlo messo alla prova come autore-Malatempora con un bel testo sui non mangiatori di cadaveri (l’ormai celebre Vegetariani come, dove, perché) e due, riuscitissimi, sulle comunità alternative e gli ecovillaggi in Italia e nel mondo, gli ho suggerito di cimentarsi con un lavoro di fiction. Ne è venuta fuori questa densa storia di una coppia che scoppia in quei contesti peculiarmente anomali che solo lui ha dato la prova, di volta in volta, di riuscire a scovare.”…
Angelo aveva ragione. Utilizzare gli stessi, medesimi scenari indagati da giovin sociologo per i primi saggi libertari eppure analitici, informatissimi, comprovati, testimoniati – e trasporli, arringarli all’unìsono per una storia, delle storie che ti riguardano, ti raccontano, ma insieme divagano nella consueta metafisica della fiction attualistica – è insieme una scommessa (vinta) e uno smaccatissimo, geniale colpo di teatro.
Curi, ritempri il saggio con il romanzo – e viceversa. Lascia o raddoppia: e tu raddoppi, rilanci, non lasci mai (neppure, in spirito e cuore, il corpo della tua Camelia: indimenticabile contro-eroina, dolcissima, in fondo, ed istintivamente felina, paracula e sorniona)…
“… Camelia – con cui il nostro ha appena concluso un’intensa relazione – lavora in una bottega del Mercato Equo e Solidale.
Ha l’ossessione del volontariato ed ama permettersi ancora il lusso di sognare la rivoluzione.
La sua mente è un altro groviglio di desideri contrastanti – addirittura peggiore di quello di Siddharta – che cerca invano di dirimere con una macedonia di pratiche ‘spirituali’.
Camelia si è laureata in lettere con una tessi sul campo nel Chokò, in Colombia, in cui ha elencato le articolate, pressoché irrimediabili problematiche dei nativi. ”
(pp. 6-7)…
Miracoli della Giovinezza! Protervia felice, illusione a gogò! Tempesta elettrica – avrebbe intonato, gridato in canto Jim Morrison:
Sotto la luna
Sotto le stelle
Balla roteando
La Gioventù
Condotta al Lago
da un Re & una Regina
O, io voglio esserci
Noi dobbiamo esserci
Vicini al lago
Sotto la luna
Fredda & rigonfia
che stilla il suo liquore
bollente
SSSSSSSSSSSSSSSSSSSS
Manuel caro, la tua Gioventù (prima che diventi ex!, e accade presto…), balla roteando in una serie ammirevole di Comuni, comunità, ecovillaggi personalmente indagati e praticati – vorrei quasi dire testati, se il participio con valore aggettivale non mi suonasse invero tronfio, automobilistico, beceramente appunto post-moderno… Qui la tua saggezza portatile, nonché elegante autocritica con la 48ore, trova accenti (e argomenti) di squisita adesione, ma anche meditazione, giustapposizione. E ho quasi sempre condiviso il tepore equilibrato delle tue analisi:
“ Quanto una certa stagnazione culturale, la difficoltà a delineare scenari nuovi induce a rimasticare, più o meno consapevolmente, idee, concetti che possiamo anche definire anacronistici? Quanto il ‘giovane alternativo’ di oggi, quasi per riflesso condizionato, continua ad alimentare un agonizzante approccio contestatario che non sarebbe necessariamente sbagliato se non fosse, semplicemente, inutile? Non sarebbe forse ora di accantonare un atteggiamento meccanicamente nostalgico dandosi delle concrete ed appetibili prospettive del viverealtrimenti? È, per fortuna, quanto sta accadendo in diverse realtà comunitarie attuali per quanto ritenga che molti vecchi luoghi comuni continuino a penalizzare, in modo diverso, il movimento.
Sono luoghi comuni che, partendo spesso da una visione antisistema, vanno a colpire la prosperità economica, esaltando stili di vita pauperistici, il progresso tecnologico, esaltando un ‘deep-ecologismo’ con derive arcaiciste, il pluralismo culturale (che ritengo essere uno degli elementi forti della scelta comunitaria), rifiutando talvolta il dialogo e la collaborazione con realtà che, pur comunitarie, non vengano considerate affini (magari perché troppo nel mercato o troppo spirituali, eccetera).” (p. 73 e segg.)
Balla roteando la Gioventù… Ma il rischio – che tu ben percepisci – è di rimanere al palo, prigionieri perfino della propria sacrosanta, beneamata Utopia avverabile… E dietro quell’avverabile, c’è il fervoroso e fascinoso snodo di quasi 250 pagine: e una mappa di viaggi, che sazia realmente la fantasia progressista di qualsivoglia mente libera o avventura nel mondo: USA, India, Thailandia, Sri Lanka, Australia e Nuova Zelanda, Gran Bretagna, Danimarca, Francia, Germania, Russia, Portogallo… E non minore romanzo alternativo s’instaura seguendo, diremmo quasi ex contrario, per ribaltato contrappasso, il retrocammino di Santiago che invece riconduce a casa, in Italia, nella Terra Madre di Mogliazze, Valpisa, Basilico, Campanara, Pignano, Nomadelfia, Upacchi, Ananda Assisi, Alcatraz, Urupia… Vince chi azzecca i comuni, o se non altro i capoluoghi di provincia!…
Il popolo degli elfi, sull’appennino pistoiese, in particolare, mi ha commosso e a tratti rapito come nemmeno le storie (e i miti) danesi di Christiania o quelli indiani di Auroville, mi avevano indotto ad ammettere, accogliere.
“ A pochi passi da casa nostra si trovano realtà che hanno rovesciato la quotidianità, che vivono partendo da presupposti esistenziali estremamente diversi e che stanno lì pronte a dimostrare come siano possibili altri modi di vivere all’interno della nostra collettività. Ma un buon confronto lo si fa solo se andiamo oltre il fascino che queste realtà possono emanare. La diversità produce tanta ricchezza quanto attrito: l’occhio che riesce a guardare con fare sincero la differenza è quello che non si pone né come idealista né come nemico poiché queste due tendenze opposte tendono paradossalmente a divenire uguali tra loro per la posizione estrema che entrambe assumono. ” (p. 190)…
Rovesciare la quotidianità… Divenire uguali tra noi… In feconda diversità e compresenza, anzitutto dentro noi stessi… Quella lunga riflessione che tu riporti della tua amica sociologa Cristina Salvatori mi ha illuminato il cuore con un impegno raro, e certo ostico: quel concetto insomma di anarchia ordinata che ci accende dentro un (laico) furore mistico, ma anche una letizia semplice, di valenza e rivoluzione quasi neofrancescana:
“ Gli Elfi rifiutano ogni tipo di gerarchia e di potere e basano la loro convivenza su un’anarchia ordinata fatta di parità, libertà di pensiero e uguaglianza tra le voci. Se la parola anarchia rimanda etimologicamente ad una mancanza di struttura governativa, legandosi automaticamente ad immagini di caos e disordine, essa diventa presso gli Elfi un congegno funzionante che smentisce la concezione comune. La società elfica non è affatto dotata di una naturale forza interna che mantiene ogni elemento al suo posto creando un ordine congenito, ma i suoi membri sottoscrivono un patto di tacita accettazione di fondamentali regole implicite necessarie alla quotidiana convivenza che rappresentano la vera realizzazione di questi due concetti apparentemente inconciliabili. ” (p. 188)…
Ma ecco insieme la voglia, la golosa necessità di tornare alla fiction vera del romanzo – a quel ritmo friabile e zuccherino da meringa leggera, bianca come una nuvoletta, un sogno a fumetti, ma in verità nutrientissima! – e chiedere al tuo alter-ego Siddharta nuove emozioni e approfondimenti, perfino serene ironie moderatamente, nobilmente polemiche:
“ Ad Auroville Siddharta incontra l’Europa ed anche l’Oriente, un certo edonismo occidentale e l’innocenza e la miseria indiane mescolate insieme.
La ‘Città dell’Aurora’, per essere un po’ meno critici, non dà certo la sensazione di essere uno spazio protetto o un contesto di ascesi.
È piuttosto una realtà in cui non si è perso nulla della dimensione mondana, neanche gli aspetti meno nobili ma dove, seguendo gli insegnamenti di Aurobindo, si tenta di compiere uno sforzo per farne veicolo di consapevolezza, un vettore di evoluzione.” (p. 118)…
Manuel, quando lasci il buen retiro e il Bal Ashram di Varanasi e torni un po’ (solo un po’, sia ben chiaro!) a ritemprarti nella dannata, irredimibile anarchia anarchica, anarchia disordinata di Roma?… Prima delle feste? Mi piacerebbe farti vedere una sorta di breve scaletta “in itinere”, dove scena dopo scena, viaggio su viaggio, cresce insieme la solitudine e la fervida maturità del protagonista. Un Siddharta che la sua iniziazione la fa tutta e meglio dentro se stesso, risalendo una buffa, dolce, a tratti anche cruda odissea d’esperienze.
Niente però a che fare con certe presunte ironie comiche e ridicole notazioni di costume dei filmetti italioti spacciati per “progressisti”… Basta coi frikkettoni in celluloide e perfino con quelli in digitale!… Se film ha da essere, che sia un film tagliente, scomodo e bello come una confessione sincera – un vero amore sbagliato e imperituro proprio in quell’alone e quella provvida macchia di luce…
Mi piacciono i dialoghi d’anima e più ancora gli approcci corporali, di Un giardino dell’Eden… Pochi sanno raccontare la verità tattile, starei per dire olfattiva degli amori. Tu sei fra questi pochi: “Emozioni incontenibili fluiscono con lacrime grassocce che si asciugano quasi subito ai raggi del sole, lasciando una eco chiaramente salina” (p. 64)…
Ma il messaggio vero è ancora più forte e pieno:
“Il suo sguardo non c’è più e gli occhi si socchiudono.
Il suo viso esprime un dolore senza tempo, un baratro assoluto; sembra sia stato appena deposto da una croce virtuale.
La follia l’amore, l’utopia: tutto in una stanza di suppellettili frugali, alla luce di alcune candele ed al guizzare della fiamma di un camino.
Deve andare in bagno Siddharta.
Esce e si avvicina allo spazio delle zappe.
Ne prende una, riempie una bottiglia di acqua e si avvia verso i vecchi castagni.
La nebbia spande goccioline bagnate sulla sua faccia.
Inizia a scavare una piccola buca mentre lo scuro del cielo volge, timidamente, al rosa.
Si accuccia, evacua e poi si lava, ancora accucciato, con l’acqua della bottiglia.” (p. 65)…
Da questo baratro assoluto – sdivinatamente corporale – tu risali in letizia, con autoironica, ripeto, posa di pensiero. E la Croce Virtuale attraversa, consacra e benedice in fondo entrambi i libri – con doni sapienziali, e buffe o aspre scorie emotive, di inappagabile “Disordine e dolore precoce” (il titolo è manniano).
A presto, amico mio d’Utopia (ir)risolta.
A presto, visionario “loico” che insegue insieme ai suoi amori o amorazzi, fulgidi e sudati, mezza storia ancestrale e mezzo destino sacrale di un’Umanità smarrita nel benessere, nell’equivoco in atto d’un Futuro tecnologico che retrocede invece (Pasolini dixit) nell’inarginabile Nuova Preistoria!
Si salvi chi può. Però salviamoci insieme! Ma certo non più, semplicemente, Ballando Roteando La Gioventù…
E l’hai spiegato a perfezione tu stesso, nella morale finale del tuo bel saggio sulle Comuni:
“Le comunità intenzionali e gli ecovillaggi possono dunque rappresentare realmente un vettore di cambiamento ma credo sia importante essere costantemente consapevoli della giusta dose di realismo necessaria allo scopo, del giusto tributo da pagare alla natura anche, non solo, materialistica dell’essere umano, evitando il più possibile cadute in ideologismi ingenui o spiritualismi astratti. ” (p. 238)…
Sì, le astrazioni lasciamole ai pittori astrattisti, e costruiamo, accendiamo un vettore di cambiamento, intanto dentro di noi. Con tutto il realismo necessario ai veri scopi e cambiamenti spirituali…
Credimi, tuo
Plinius