TRANSUMANZA

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domenica 2 agosto 2009

Falco ed il risveglio, dinamico, della "divinità curiosa".

Di seguito un'intervista di VivereAltrimenti a Oberto Airaudi (Falco), fondatore dell'esperienza comunitaria di Damanhur, nella Valchiusella, in Piemonte.
"Un esperimento che riparte dalle basi della società", commenta Franco Ferrarotti, decano della sociologia italiana, "la comunità concreta naturale".
Credo meriti menzionare, di passata, che Damanhur si è resa celebre per i suoi Templi dell'Umanità: una grande costruzione ipogea scavata a mano nella roccia dai [suoi] cittadini [oggi circa seicento] e definita da molti come "ottava meraviglia del mondo".
Particolare attenzione, nel corso dell'intervista, è stata posta sul presente ed il futuro del vivere in comunità intenzionali ed ecovillaggi, per alimentare un dibattito che possa essere via via più plurale e fecondo.


Volevo iniziare con una domanda di natura biografica. Volevo sapere quando ci sono state, nella sua vita, le prime avvisaglie di quello che sarebbe poi stato il suo percorso spirituale.


Verso i 14 anni avevo l’idea di creare una società alternativa, facendo le prove generali. Io sono un autodidatta per molte cose, comunque: niente di particolare se non la volontà di creare una comunità attraverso quelle che sono le regole effettive dell’esoterismo che funzionano solo per passaggio verbale.

Ha avuto un maestro?

No, non ne ho avuti e credo non ce ne possano e non ce ne debbano essere. E’ tutto dentro a ciascuno di noi.

Leggendo il libro La divinità curiosa, ho visto che l’essere umano è presentato come una divinità. In che modo è giunto a questa conclusione?

L’essere umano può far affiorare la divinità che ha in sè con uno sviluppo effettivo dell’evoluzione spirituale ma bisogna puntare in alto, identificarsi con la divinità smettendola con una tradizione che vuole suddividere quello che è dentro e quello che è fuori. Bisogna cominciare a modificare questa idea, puntare su qualcosa di più che non la semplice obbedienza a regole che vengono determinate dalla formazione di religioni e cose di questo genere. Noi, per esempio, siamo un movimento spirituale ma non una religione perchè non ci sono elementi che non possano essere modificati nel tempo.

Riguardo la teoria della fisica spirituale, lei l’ha elaborata attraverso un processo di tipo spirituale, intuitivo, esoterico( dunque attraverso la trasmissione orale cui accennava prima) o in che maniera?

Tutto quello che facciamo si basa su verifiche, il più possibile, dunque an che quello che ha a che fare con vari principi paranormali; si va a vedere se c’è qualcosa che funziona, se è verificabile. Lo stesso vale per tutto quello che attiene la ricerca medica ed è quello che facciamo con i nostri medici. Non può esserci l’illuminazione della notte per poi dire, la mattina: la nuova terapia è questa! No, si fanno tutte le verifiche del caso, ci sono dei protocolli, eccetera. Faccio l’esempio medico perchè è il più comprensibile. Possiamo dunque parlare di un metodo scientifico, sottoposto a verifiche e che non si avvale solo di intuizione poi, nella tradizione, ci sono tantissime cose che sono state messe da parte, non utilizzate perchè i tempi non erano pronti.

Voi come affrontate il problema che la scienza a volte si areni di fronte alla non dimostrabilità di alcune ipotesi?

Oggi si può parlare di elettricità pur non sapendo ancora esattamente di cosa sia fatta. Eppure è parte integrante della scienza, della conoscenza, della ricerca. Partiamo anche dal presupposto che, quando viene utilizzata la parola fede, secondo noi è una semplice interruzione in una valutazione in attesa di migliori dati. Non significa credere che una cosa sarà sempre così e non potrà mai essere modificata. È esattamente il contrario. Per questo lavoriamo sul fronte di scienze differenti. Quando si parla di applicazioni, di sistemi, di azioni su aspetti biologici, è il laboratorio che deve verificare se funzionano. Ci devono essere dei dati oggettivi. Per questo abbiamo tanti laboratori a Damanhur, per quanto riguarda la fisica, la biologia e tutto il resto.

In virtù di questo riuscite ad interloquire in maniera soddisfacente con gli ambienti scientifici tradizionali?

Facciamo vari convegni, anche di alto livello. L’ultimo, il sedicesimo, era sulle “Nanotecnologie e le applicazioni dirette da un punto di vista medico”. Convegni che danno anche crediti formativi a chi li frequenta. Siamo interessati a vari campi, ad esempio che abbiano a che fare con gli aspetti politici: formazione di nuove opportunità. Oggi si pensa esistano solo democrazie o dittature. Invece ci sono varie alternative. Stiamo anche cercando di raccogliere sufficienti firme per una legge che sancisca il funzionamento effettivo delle comunità perchè ci troviamo sempre a cavallo di situazioni assurde. Abbiamo fatto vari confronti con la magistratura, a questo proposito, così come anche convegni impegnativi, molto belli. È bello approfondire le cose con una assoluta apertura.

C’è un filone di pensiero scientifico o esoterico cui si sente particolarmente debitore? Pensavo, ad esempio, alla psicologia transpersonale o alle dottrine misteriche…

No, sono grandi filoni che spesso hanno sviluppato delle mode e le mode sono aleatorie: cambiano, si trasformano, diventano qualcos’altro. Ma anche l’atteggiamento del ricercatore non può essere, a sua volta, prevenuto. Quando si dice: la scienza deve verificare, d’accordo, deve verificare con uno scetticismo chiaro ma non con uno scetticismo prevenuto anche se questo è un atteggiamento costante. Si influenza la ricerca stessa con questo atteggiamento. Credo meriti menzionare che abbiamo anche delle persone in un centro di ricerca medica che interloquisce con la regione Piemonte per far verificare costantemente i diversi tipi di medicina. Un lavoro svolto in una trattativa costante con la medicina “ufficiale”, guardando costantemente negli occhi il ricercatore, il medico particolarmente conosciuto, perchè bisogna trovarlo un punto d’incontro, non è sufficiente che la medicina si trinceri dietro un sistema difensivo per cui è valido solo quello che avviene nel suo ambito, poi la maggior parte delle persone che assistiamo sono medici. Si sono rese conto che come viene raccontata la medicina e come viene applicata è qualcosa di molto lontano dalla realtà. Se inizi a studiare medicina, convinto che il metodo scientifico sia la comprensione di tutto e poi inizi a fare il medico, ti rendi conto che le persone non sono contenitori in cui riversare medicine. Molti se ne rendono conto, altri cedono al ragionamento: la mia famiglia ha speso tanto per farmi studiare per cui, adesso, bisogna recuperare. Fine del discorso! C’è chi mantiene un’etica e chi invece se ne dimentica. Manca questa volontà di collegamento con tutto quello che è possibile, perchè non può essere possibile altro? La ricerca si basa sull’impossibile, non sull’evidente!

Il sociologo Massimo Introvigne collega Damanhur alla tradizione degli antichi movimenti di saggezza. Lei come vuole commentare?

L’ho letto anch’io, lui senz’altro ne sa più di me, è il suo ambito di ricerca. È una persona simpatica che ogni qualche anno vediamo, porta vari sociologi in visita, siamo un po’ il fiore all’occhiello, in Italia, dei nuovi movimenti religiosi. Comunque non saprei collocare Damanhur, capisco che per uno studioso sia necessario trovare una collocazione e mettere Damanhur in un settore ma non credo questo sia possibile, bisognerebbe aprire un settore a parte e metterci dentro movimenti simil-damanhuriani perchè siamo in contrasto con troppe cose: non c’è il guru che ti dice cosa fare, le persone devono assumere delle responsabilità, devono essere in grado di mantenersi e partecipare alla società esterna quanto alla nostra quindi devono far parte della protezione civile o croce rossa o pompieri eccetera. Possiamo dunque parlare di un impegno sociale organizzato in una struttura comunitaria dove l’individuo ha grandi responsabilità. Quando proviamo a definirci non è facile neanche per noi. Cosa è Damanhur, una nazione? Sì, il termine nazione può essere utilizzato come forse la nazione dei Lakota, con una sua cultura distintiva per scelta pur partecipando alle altre culture ma è qualcosa che cerca sempre un’elaborazione continua. Non siamo mai arrivati da qualche parte, siamo appena partiti da qualcos’altro.

Mi può dare qualche coordinata riguardo l’università che avete qui a Damanhur?


Vediamo: si occupa di tutte quelle ricerche che hanno a che fare con il paranormale classico, vedere cosa è vero e cosa non lo è, quali sono le potenzialità sviluppabili nell’individuo con particolari indirizzi e settori, tutto quello che può essere definito “esoterismo” ma anche l’ipnosi che è un settore molto impegnativo in cui sono coinvolti medici importanti. Sono vastissimi i settori di ricerca e poi vengono approfondite le varie tematiche, con la presentazione di varie tesi. L’obiettivo è dare una formazione che rimanga sempre aperta, una formazione che sia il presupposto perchè parta qualcosa di nuovo; non è possibile limitarsi a ripetere il passato. In tutti i campi c’è questo sviluppo, nella fisica, nella ricerca applicata e vengono fuori anche dei brevetti. È più un centro-ricerche che la classica formazione universitaria, standardizzata.

Parliamo ora di comunità. Secondo lei, possono le comunità e gli ecovillaggi essere “una soluzione per il futuro del pianeta”, per citare il titolo di un vecchio testo?


Possono se rispondono in maniera affermativa ad una serie di quesiti molto chiari:

A) Se sono capaci a collaborare tra di loro cosa che già, in genere, non funziona. Nel 1979 abbiamo fatto il primo convegno sulle comunità per convincere varie comunità che esistevano in quel momento a collaborare, a scambiare cose fisiche: io ti do l’olio e tu mi dai il grano, ad esempio. Se non c’è uno scambio fisico ma solo uno di sorrisi e di saluti non serve assolutamente a nulla.
B) Stabilire un sistema economico comune, per questo motivo stabilimmo il credito a suo tempo.
C) Dovrebbero avere la capacità di offrire dei servizi in alternativa a quelli della società ordinaria. Almeno le scuole, per dare una formazione più raffinata, più avanzata, più seria ai bambini. Noi, con la scuola damanhuriana, arriviamo fino alla terza media, ci piacerebbe arrivare un po’ più in là.
D) Insomma, dovrebbero riuscire a standardizzare alcune cose, pur nella diversità indispensabile da parte di ciascuna. Ci vorrebbe un’unione delle comunità che sia avanzata e di esempio alla Comunità Europea. Sappiamo, del resto, che molte comunità sono comunità anarchiche; rifiutano lo scambio, rifiutano la tecnologia, pur dipendendone per molte aspetti. E’ una moda.

Sì, io nel nuovo libro che sto scrivendo sulle comunità intenzionali e gli ecovillaggi sto evidenziando, criticamente, questi aspetti. Li considero “scorie degli anni ‘70”.

Sono d’accordo. Si debbono fare dei passi in avanti. Ad esempio, noi facciamo la ricerca sul DNA di tutti i cittadini perchè così si possono prevenire, con 40 anni di anticipo, lo sviluppo di alcune malattie. Lo stato lo farà fra qualche decennio. Ci sono tantissime cose che possono essere utili: insistere sulle energie alternative, tante cose per cui ogni ecovillaggio può essere in grado di non consumare più di quanto produce, almeno puntare su questi obiettivi e poi su uno scambio effettivo, non so: i bambini possono andare a scuola e conoscere anche le altre esperienze. Noi abbiamo una scuola itinerante apposta, per poter allargare questi aspetti, altrimenti i bambini che nascono in comunità rischiano di credere che il mondo sia quello o che il paesino vicino sia New York, di sviluppare idee molto limitate…

…io credo che un luogo comune che debba essere smitizzato sia il rifiuto del mondo che è stato spesso legato alle esperienze comunitarie (sto approfondendo, ad esempio, la storia degli hutteriti, importante movimento comunitario di matrice protestante che presenta tratti marcati di questo rifiuto). È sicuramente un aspetto da superare in una prospettiva in cui la comunità non sia più il bacino degli eccentrici ma, non dico la norma, quanto, almeno, un’avanguardia…


L’avanguardia anche per ricercare strutture sociali nuove. Bisognerebbe applicare lo stesso modo di pensare che si utilizza in ambito ecologico: il mondo va bene se c’è varietà. Se le specie si riducono, il mondo va male. Da un punto di vista sociale e politico, il mondo va male perchè le specie sono diventate dei cloni di qualcosa che viene chiamato democrazia ma che con la democrazia ha poco a che fare.

Che idea si è fatta della situazione attuale del mondo comunitario, in Italia ed in Europa? Dove crede si possa migliorare?

A me sembra, francamente, che partano tutti dal presupposto che qualcuno debba dare loro qualcosa e questo è l’errore assoluto. Bisogna dare! Per il resto: ognuno deve fare la propria esperienza. Noi facciamo vari corsi per aiutare a sviluppare alcune comunità e vengono fatti perchè coloro che iniziano con questo percorso evitino almeno i problemi più grossi: come non farsi sfruttare immediatamente dalle banche, per fare un primo esempio. Insomma, evitare le trappole economiche, politiche e religiose che lavorano spesso insieme per eliminare questi germogli che dovrebbero invece svilupparsi. Ciascuno dunque è giusto faccia le proprie esperienze ma essendo almeno disposto a confrontarle.

Avviandoci alla conclusione, che ruolo ha oggi a Damanhur?


Io sono un consigliere. Non ho ruoli pubblici, diretti, elettivi, rituali quindi il mio compito è quello di essere un contribuente economico e di idee allo sviluppo. Cerco di dare suggerimenti mantenendomi nella condizione dell’osservatore osservato. È questo l’unico ruolo in cui mi possa realmente ritrovare, per ovvi motivi. Damanhur è nata in modo tale che non potesse scomparire con la mia scomparsa e faccio sempre di tutto perchè questo continui ad accadere. C’è sempre colui che cerca di identificarmi con una figura paterna ma nel momento in cui si vogliono formare delle persone responsabili non si può essere una figura paterna. È un’incongruenza che comunque va affrontata dunque gioco il mio eventuale prestigio nei suggerimenti.

Per il futuro di Damanhur? Auspici, progetti?

Progetti tantissimi, ostacolati soprattutto dalla burocrazia: vogliamo costruire un parlamento dei popoli, abbiamo già il posto, il progetto, cominciamo ad avere il denaro necessario. Sarà collegato ai templi attuali con una serie di sistemi sotterranei, con una biblioteca che sarà la più importante al mondo per i libri sull’esoterismo ed altre cose di questo genere. I progetti sono belli, li avremmo già realizzati se non fossimo stati ostacolati.

Che rapporti ha avuto con altri fondatori o comunque protagonisti di altre esperienze comunitarie importanti (Findhorn Foundation, Auroville, Crystal Water).


Io conosco molte persone ma in maniera molto defilata. Non partecipo, in genere, ad incontri importanti, a livello comunitario; cerco di apparire il meno possibile.

Vorrei piuttosto, in conclusione, aggiungere qualcosa sui Templi dell'Umanità. Il Tempio viene utilizzato come esempio e come stimolo per chi vuole formare comunità, sognare pensando: se l’hanno fatto loro lo possiamo fare anche noi, possibilmente evitando gli errori, le ingenuità che i damanhuriani hanno fatto nel frattempo. Auspico venga fatto qualcosa di simile e di diverso. Si conta di avere sempre più visitatori, come sta avvenendo e che questo pellegrinaggio serva a indurre il pensiero: c’è anche altro, ci sono anche altre possibilità. Modestamente penso che noi siamo la Firenze delle comunità. Abbiamo strutture, monumenti, i Templi in primis, che altri non hanno ancora sviluppato ma che possono sempre utilizzare, ad esempio nel momento in cui vogliono celebrare una festa o conferire…noi abbiamo sempre dato disponibilità di spazi. Una comunità oggi non può essere chiusa se non nel primo anno della propria formazione. Una comunità deve servire alla Comunità, deve essere al servizio altrimenti non avrebbe neanche senso. Non può essere, semplicemente, un luogo dove fuggire!