TRANSUMANZA

QUESTO BLOG E' IN VIA DI SUPERAMENTO. NE STIAMO TRASFERENDO I POST MIGLIORI SUL SITO DI VIVEREALTRIMENTI, DOVE SEGUIRANNO GLI AGGIORNAMENTI E DOVE TROVATE ANCHE IL CATALOGO DELLA NOSTRA EDITRICE. BUONA NAVIGAZIONE!

venerdì 30 novembre 2012

AMORE –pensando a Prevert…-

Una bella poesia di un'amica su Facebook: Franca Berardi


Come è strano questo sentimento
sguaiato,ovvero banale,
consumato troppo in fretta
o sbiadito dal tempo
o dimenticato tra le pieghe della mente,
o sbattuto,svilito,contro un muro o tra le scale
nella penombra di un portone grigio
ove la poesia è morta magari per disgrazia
o per eccesso d'amplesso.
Amore sì,ma senza voglia,
o assopito dopo qualche attimo di slancio.....
Un bacio fugace,un atto sensuale,
ed ecco che scivola via dalle labbra
questo amore così solo,così stanco.
Scende piano giù per la strada
tra i viottoli ,si confonde con la melma e la gente
e su di esso,neanche più un poeta
riesce a rimare....
Ed intanto....più in là,ove l'alba sorge ancora per dispetto
un bimbo rannicchiato in un angolo di una via
pensa all'amore
e sussurra a se stesso senza vergogna,senza timore,
che ci vorrebbe provare....
ad amare questo...così detto amore!

mercoledì 28 novembre 2012

LUNA PIENA -- mercoledì 28 novembre -- da Ajahn Munindo

All’udire il vero insegnamento
il cuore ricettivo
si fa sereno
come un lago, profondo, limpido e silente.

  Dhammapada strofa 82

Si racconta che subito dopo l’Illuminazione il Buddha fosse restio a
insegnare. Forse pensava che non avesse senso a causa della nostra
diffusa ostinazione a continuare di creare sofferenza a noi stessi e
agli altri. E visto come per di più aggraviamo tale sofferenza
incolpandone gli altri. Ma, nonostante l’evidenza della nostra follia,
fortunatamente, accorgendosi della nostra sofferenza, alla fine il
Buddha rispose insegnando il Dhamma. Quando la saggezza priva di sé
vede la sofferenza, la risposta è una compassione priva di sé. Il
Buddha, vedendo gli esseri persi nell’abitudine del 'mi piace non mi
piace', fece tutto il possibile per aiutarli a lasciar andare. I
Risvegliati, essendo liberi dalla tendenza del 'mi piace non mi
piace', hanno una visione limpida dell’intera esperienza. Non è che
non sentano come sentiamo noi, ma non si perdono nell’esperienza.

Con Metta,

Bhikkhu Munindo

(Ringraziamenti a Chandra per la traduzione)

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Santacittarama
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martedì 27 novembre 2012

De La Domenica delle salme e della "comprensione".

Di seguito un omaggio al grande maestro Fabrizio De Andrè: un video del suo celebre brano La Domenica delle salme (1990) con regia di Gabriele Salvatores. Il video di per sé è un po' criptico, dunque abbiamo citato un'analisi del testo.






Era tutto quello che avevo dentro, e che sentivo di dover dire. È una canzone un po' rabberciata, perché la musica la abbiamo scritta dopo, la abbiamo cucita sopra il testo, e si sente. L'ho scritta in modo piuttosto colto, anche per distanziarla da Don Raffae'. Sciascia diceva che la canzone, per essere utile, deve essere scritta da un uomo di cultura che sappia, però, esprimersi in maniera popolare. Però il disco mi sembrava un po' fragilino, ed allora ho sentito il bisogno di impiegnarmi, e l'ho fatto, svolazzando anche in alto. Ci sono molti riferimenti letterari. Ho voluto anche sfoggiare un po' di cultura, perché in pochi, magari, hanno letto Oswald De Andrade. Ma non è sfoggio in realtà, perché mi è venuta piuttosto spontaneamente: sai, molto dipende dai panni di cui ci si veste quando si scrive. Ti metti nei panni di Don Vito Cacace e ti viene Don Raffae', ti metti nei panni di chi vuol fare poesia e ti viene La domenica delle salme. Quanto al riferimento alla Baggina, non è la prima volta che mi capita di presagire qualcosa nelle mie canzoni.
Il riferimento a Curcio è preciso. Io dicevo semplicemente che non si capiva come mai si vedevano circolare per le nostre strade e per le nostre piazze, piazza Fontana compresa, delle persone che avevano sulla schiena assassinii plurimi e, appunto, come mai il signor Renato Curcio, che non ha mai ammazzato nessuno, era in galera da più lustri e nessuno si occupava di tirarlo fuori. Direi solamente per il fatto che non si era pentito, non si era dissociato, non aveva usufruito di quella nuova legge che, certamente, non fa parte del mio mondo morale... Il riferimento poi all'amputazione della gamba, voleva essere anche un richiamo alla condizione sanitaria delle nostre carceri.
[In Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, pp. 68-69]

* * * *

R. Volevamo esprimere il nostro disappunto nei confronti della democrazia che stava diventando sempre meno democrazia. Democrazia reale non lo è mai stata, ma almeno si poteva sperare che resistesse come democrazia formale e invece si sta scoprendo che è un'oligarchia. Lo sapevamo tutti, però nessuno si peritava di dirlo. È una canzone disperata di persone che credevano di poter vivere almeno in una democrazia e si sono accorte che questa democrazia non esisteva più.
D. È dunque un atto d'accusa.
R. Sicuramente, e lo è anche nei nostri confronti. C'è una tirata contro i cantautori che avevano una voce potente per il vaffanculo, e invece non l'anno fatto a tempo debito. Io credo che in qualche maniera la canzone possa influire sulla coscienza sociale, almeno a livello epidermico, Noto che ci sono tante persone che vengono nel camerino alla fine di ogni spettacolo e che mi dicono: siamo cresciuti con le tue canzoni e abbiamo fatto crescere i nostri figli con le tue canzoni. E non so fino a che punto sia una cosa giusta. Credo che in qualche misura le canzoni possano orientare le persone a pensare in un determinato modo e a comportarsi di conseguenza.
[Intervista di Luciano Lanza (1993). Ora in Signora Libertà, Signorina Anarchia, p. 17]

* * * *

È il ritratto dei diversi aspetti dell'Italia e dell'Occidente in genere alla fine degli anni Ottanta. Ancora una volta De André fa inconsciamente la parte del profeta con la chitarra, citando, all'inzio, la Baggina, cioè la Casa di riposo per anziani Pio Albergo Trivulzio di Milano, che nel giro di poco tempo diventerà celeberrima; di lì partirà la prima denuncia per corruzione di tangentopoli. Si passa poi ai semafori, occupati da immigrati polacchi con le loro spazzole da lavavetri, i loro mercatini e i loro traffici di prostituzione, per arrivare ai trafficanti di saponette diretti all'Est. Subito dopo vediamo "la scimmia del quarto Reich" simboleggiare la preoccupante ripresa di movimenti neonazisti in Germania e un po' in tutta Europa; infine la piramide di Cheope, monumento tanto imponente quanto inutile, ricostruito oggi "schiavo per schiavo / comunista per comunista". Uno sguardo è riservato ad una pagina ancora sanguinante del nostro recente passato: il terrorismo. Renato Curcio, il capo storico delle Brigate Rosse, è ritratto come un carbonaro, un prigioniero politico ancora in carcere, nonostante non abbia mai ammazzato nessuno, perché non ha voluto rinnegare il proprio passato. Il riferimento a Pietro Maroncelli attraverso l'amputazione della gamba riporta l'ambientazione nel secolo scorso, come a dire che le condizioni sanitarie in Italia, e in particolare nelle carceri, non sono migliorate poi molto. Nella canzone c'è anche posto per condannare alcuni colleghi, troppo propensi a cantare o a scrivere canzoni cambiando continuamente cavallo da battaglia a seconda dell'argomento più alla moda: "voi che avete cantato per i longobardi e i centralisti / per l'Amazzonia e per la pecunia", denuncia tagliente, questa, e fatta da chi sicuramente aveva tutto il diritto di farla. Tra questa folla di personaggi passano, quasi non visti, gli addetti alla nostalgia, tra i quali "il cadavere di Utopia": utopia della libertà, utopia dell'anarchia, cresciuta nel '68 e morta in mezzo alla città moderna e civile, dove chi vuole rimanere libero lo può restare soltanto se ha un cannone nel cortile.
[Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, p. 147-148]

* * * *

Ecco un esempio di come anche il mondo della musica possa esprimere forti motivazioni di tipo morale e politico. Nell'albume Le nuvole, del 1990, che la critica specializzata considera unanimamente un capolavoro della moderna canzone d'autore, Fabrizio De André ha inserito (tra tante altre invenzioni verbali e musicali) una polemica e tagliente invettiva, scritta in collaborazione con l'etnomusicologo Mauro Pagani, contro lo sfascio dell'Italia contemporanea (o, forse, di quella che potrebbe essere l'Italia in un immediato futuro).
Il testo possiede una sua valenza specifica, che è possibile cogliere anche indipendentemente dall'accompagnamento strumentale [...]. Ricordiamo comunque che la strumentazione è limitata ad alcuni elementi essenziali: chitarra, violino e "kazoo" (un piccolo tubo di canna al cui interno una membrana vibra emettendo un suono aspro; si tratta di uno strumento "povero", usato nei riti magici dell'Africa occidentale e diffuso nel sud degli Stati Uniti, poi adottato da jazzisti e cantanti folk).
L'esecuzione musicale, vibrante e quasi angosciosa (ad un certo punto si avverte anche il sibilo di una sirena), si chiude con un assordante canto di cicale, che possiamo interpretare in due modi: come elemento di ulteriore polemica dell'autore nei confronti di una umanità che - nonostante tutto - vuole continuare irresponsabilbente a divertirsi, o come allusione al fatto che ogni forma di protesta contro i pericoli che ci sovrastano è ormai ridotta a un inutile e monotno canto, un fastidioso e petulante cicaleccio in sottofondo, del quale nessuno quasi più si accorge.
Dopo una strofa introduttiva (vv. 1-12), che ci presenta un uomo in fuga in una spettrale alba milanese, il testo si snoda attraverso tre segmenti di disuguale lunghezza (vv. 13-29, 38-58, 67-81), intervallati da un triplice ritornello di otto versi (vv. 30-37, 59-66, 82-89; il primo verso di ognuno è sempre uguale) e suggellati da una quartina di chiusura (vv. 90-93), che richiama vagamente il classico congedo della canzone petrarchesca. All'interno di questi otto segmenti complessivi, le scansioni narrative si susseguono ad intervalli di quattro versi (vv. 1-4, 5-8, 9-12, ecc.); si sottraggono a questa misura fissa soltanto due blocchi narrativi di cinque versi (vv. 25-28 e 42-46) e l'intero segmento dei vv. 67-81. Tali precisazioni ci sembrano necessarie per capire meglio il senso del componimento, del tuto privo di segni interpuntivi (sono soltanto segnalati col trattino i discorsi dei vv. 41, 51-54, 65-66, 72-81).
Andrà sottolineato anche, per un'ulteriore definizione degli aspetti formali del testo, l'uso del- la rima o, più frequentemente, dell'assonanza, tipica dei componimenti destinati ad essere musicati. De André ha sostenuto in un'intervista che l'uso della rima nasce dal bisogno di creare già nei versi un'unità armonica, un effetto sonoro indipendente da quello creato dalla melodia e dal canto. Ciò è particolarmente importante quando nella canzone (come in questo caso) si voglia privilegiare il contenuto: la rima e l'assonanza, infatti, servono a far sì che i versi rimangano meglio impressi nella memoria.
Il testo ci presenta dunque, in un accumulo di apparente incoerenza, lo scenario cupo di uno sfacelo imminente; lo stesso titolo, che stravolge la denominazione di una festosa ricorrenza della cristianità, è indicativo del senso di abbandono, di corruzione e di morte che incombe sulla realtà. Anziché essere il tradizionale giorno della spensieratezza, la Domenica celebra qui i momenti di una crisi irreversibile, fino al disfacimento finale delle salme delle vittime e alle esequie, paradossalmente dolci (cfr. i flauti del v. 84), degli ideali utopici di una società perfetta e felice.
I riferimenti, non sempre decifrabili con sicurezza, appaiono immersi in una calma sinistra e allucinante, in un caos metropolitano di folle anormalità (nella registrazione musicale si avverte anche in sottofondo, in corrispondenza dei vv. 59-66, il suono lacerante di una sirena): il crollo delle ideologie, la morte dei profughi, la folle allegria di chi ancora si illude, la retorica dei discorsi politici, i sussulti di un'estrema difesa individuale nell'imminenza della catastrofe (vv. 55-58), il dissolversi dei miti prima della pace terrificante (v. 89) che normalizzerà ogni cosa.
Il senso della resa collettiva viene espresso con un linguaggio che spazia dalla citazione colta (vv. 40, 65) all'espressione scurrile (vv. 15, 24, 50, 71, 81). Il tono prevalente è quello del duro sarcasmo e dell'aspra denuncia, uniche armi rimaste a chi può soltanto essere testimone dell'immenso naufragio della nostra cosiddetta civiltà, che ha provveduto ad annullare ogni voce di dissenso e a livellare ogni forma di antagonismo.
Ci sembra comunque che il testo esprima anche un convincimento di segno positivo. Se c'è ancora una coscienza civile, e se essa ancora riesce a provare rabbia e indignazione, non deve chiudersi in sé, nelle catacombe ( v. 68). È vero, forse non è più possibile cambiare il mondo, come si intendeva fare nei tumultuosi decenni appena trascorsi; ma almeno evitiamo di pensare soltanto ai fatti nostri, perché l'esercizio dell'ironia feroce può essere l'antidoto più efficace contro lo squallore dilagante e l'arrogante ipocrisia del potere".
[Paolo Briganti - Walter Spaggiari, Poesia & C., pp. 396-400]

* * * *

Una durissima invettiva sulla falsa pace sociale raggiunta subito dopo la caduta del Muro di Berlino [...]. Nel pezzo, per inciso, Fabrizio ha una delle sue intuizioni citando la Baggina, così come viene chiamata a Milano la Casa di riposo per anziani Pio Albergo Trivulzio. Due anni dopo, da lì, sarebbe esploso il caso di Tangentopoli che avrebbe spazzato i vecchi partiti.
Perché quella scimmia del Quarto Reich che balla sopra il muro? "Sono molto preoccupato, in Germania Est ci sono state violazioni di tombe ebraiche", spiegava allora l'autore, "ed è una cosa che si sta diffondendo in tutta Europa; mi sembra un rigurgito nazista". Tra epica e lirica c'è anche la piramide di Cheope: "Un monumento aberrante e inutile, direi berlusconiano". Nella famosa domenica delle salme vengono inviati "fanti, cavalli, cani e un somaro ad annunciare l'amputazione della gamba di Renato Curcio, il carbonaro"... Dice De André: "Curcio non si è dissociato, non ha approfittato di questa regola non morale; e vedo circolare gente che ha tanti omicidi sulle spalle... Curcio non ha ammazzato nessuno. E d'altra parte non vorrei che gli succedesse quanto accadde a Maroncelli nel carcere austriaco. Anche perché tengo a sottolineare l'aspetto sanitario delle carceri italiante!".
Di chi è la colpa? De André si getta nel mucchio anche se non ha certo niente da spartire con i cantautori che hanno cantato "sui trampoli e in ginocchio / coi pianoforti a tracolla / vestiti da Pinocchio"; con chi ha cantato "per i longobardi, i centralisti, per l'Amazzonia, la pecuncia nei palastilisti".
Erano gli anni dell'edonismo reaganiano e, in Italia, del craxismo. Al Palatrussardi alcuni socialisti intervenivano a tutti i grandi concerti in compagnia di "bambole fasciate di rosso".
[Alfredo Franchini, Uomini e donne di Fabrizio De André, pp. 55-56]


* * * *

La domenica delle salme è un grande affresco in stile Brueghel: in esso la supposta fine della storia viene smascherata per quello che è: un'altra delle tante menzogne che i poteri utilizzano per celare l'avidità oscena del loro agire.
De André li vede tutti, non ne perde uno: "i trafficanti di saponette [che mettono] pancia verso est", "la scimmia del quarto Reich [che balla] la polka sopra il muro", "il ministro dei temporali / in un tripudio di tromboni / [che auspica] la democrazia / con la tovaglia sulla mani e le mani sui coglioni".
La "fine della storia" è anche il tempo in cui "la piramide di Cheope / [vuole] essere ricostruita in quel giorno di festa / masso per masso / schiavo per schiavo / comunista per comunista"; tanto non c'è ribellione: "La domenica delle salme / non si udirono fucilate / il gas esilarante / presidiava le strade / la domenica della salme / si portò via tutti i pensieri / e le regine del tua culpa / affollarono i parrucchieri". E po, per essere liberi, basta avere "un cannone nel cortile". Sembra di vedere in questa umanità del dopo-genocidio la carta del Matto dei tarocchi, gli occhi al cielo e un piede già nel baratro a simboleggiare l'irresponsabilità di chi, accomagnando "il cadavere di Utopia", canta "quant'è bella giovinezza / non vogliamo più invecchiare".
E tra i responsabili di questa "pace terrificante", gli stessi cantautori: "voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio / coi pianoforti a tracolla vestiti da Pinocchio / voi che avete cantato per i longobardi e i centralisti / per l'Amazzonia e per la pecunia / nei palastilisti / e dai padri Maristi / voi avevate voci potenti / lingue allenate a battere il tamburo / voi avevate voci potenti / adatte per il vaffanculo".
Come non rivedere, quasi fosse un vecchio documentario, le immagini di chi, nei decenni scorsi, guadagnava un applauso in più (con il corrispettivo aumento del conto in banca), recitando solidarietà con saluti a pugno chiuso e che oggi, magari, l'applauso in più e l'ingrossamento del portafoglio lo guadagna con monili tricolori all'occhiello della giacca?
Ma come, insieme a loro, non vedere anche tutti coloro i quali applaudivano o si indignavano a comando e che continuano ancora oggi, impotenti comparse, a "gonfiarsi" nelle piazze (il popolo delle piazze) e davanti ai tribunali "in un coro / di vibrante protesta" quando la politica della società dello spettacolo lo richieda - magari, guarda caso, proprio all'ora del TG?
Ma le nuvole, si sa, "vanno / vengono", sono il simbolo arcaico di un divenire incessante sul quale l'uomo non ha alcun potere se non quello di imparare a "guardare" anche con la luce alterata di un cielo oscurato.
Ed è quello che Fabrizio De André fa con Anime salve (1996), la sua produzione più recente, dando ancora voce, e quindi spessore di dignità, a chi tra le nuvole deve comunque vivere subendone, spesso per primo, i rovesci.


Tutto vero ma allora l'individuo in ricerca che cosa deve fare? La risposta è ancora nella politica, nella "rivoluzione" o queste sono solo illusioni da ascrivere, ormai, ad un recente passato? Ci salverà Grillo, Renzi, Bersani? Forse Monti, magari, in un ritorno di fiamma, Berlusconi? Oppure vogliamo cedere alla tentazione di pensare che ci sia solo spazio, a questo punto, per una disperazione colta ed autodistruttrice?
Naturalmente "ai posteri l'ardua sentenza", personalmente penso che sia irrinunciabile, innanzitutto, comprendere...sulla scia di "colui che ha compreso"!
In altre parole, chiudendo con una citazione da Allen Ginsberg: "gli esperimenti debbono continuare". Iniziamo a chiudere gli occhi e ad osservare...ed a ciascuno la propria comprensione!

martedì 20 novembre 2012

Metodo Gerson sì, metodo Gerson no?!

Un documentario interessante, a ciascuno le sue conclusioni!


lunedì 19 novembre 2012

Bal Ashram: newsletter Novembre 2012.

Una nuova newsletter dal Bal Ashram, realtà con la quale Viverealtrimenti collabora, sul fronte della divulgazione, da anni. Per una sua rapida presentazione ed avere accesso alle molte newsletters precedenti, cliccare qui!
Buona lettura!

Cari amici,
abbiamo avuto il piacere di trascorrere le ultime due settimane di ottobre fuori Varanasi, nello stato montuoso dell'Himachal Pradesh, ai confini con Jammu e Kashmir. Ad oriente si elevano le cime dell'Himalaya ma anche le altre catene che attraversano centralmente il paese (Pin Panjal e Dhaula Dar) svettano imponenti incantando lo sguardo, anzi ipnotizzandolo.
Abbiamo scoperto “un'altra India” tra le mille Indie che si incontrano quando ci si sposta all'interno di questo vastissimo paese. Ci ha positivamente colpito vedere l'amore e la cura per la natura delle persone locali che appaiono genuinamente legate alle loro montagne. Anche loro cominciano a fare i conti con un turismo selvaggio che chiede sia al territorio che alla sua gente di cambiare velocemente e senza compromessi.
In questi giorni, trascorsi nel distretto di Kangra, uno degli incontri più piacevoli è stato quello con Rita e Paolo, una coppia di italiani (Brescia) che vive sopra Dharamsala, nella parte più a nord della piccola McLeod Ganj. La loro storia merita certamente qualche parola in più.
Dharamsala ( e precisamente il villaggio di Mcleod Ganj) è sede del governo tibetano in esilio. Dopo l'occupazione cinese del 1959, infatti, il Tibet ha cessato di esistere come stato indipendente ed è considerato una semplice provincia cinese. In seguito alle violente repressioni, molti tibetani sono scappati rifugiandosi in India. Dal 1960, migliaia di bambini profughi vengono accolti in diversi centri, che fanno riferimento al centro pilota sito a Dharamsala: il Tibetan Children Village. E' all'interno di questo bellissimo progetto che Rita e Paolo vivono con i loro 6 figli adottivi (orfani tibetani) da più di una dieci di anni. Come unici occidentali residenti in questa grande struttura (che accoglie migliaia di rifugiati) affrontano le difficoltà di due mondi che si incontrano. Discorrendo delle nostre diverse esperienze abbiamo scoperto tante affinità sia riguardo le difficoltà quotidiane che incontriamo, sia riguardo le motivazioni e le ispirazioni che supportano le nostre scelte.
Rita ci ha dedicato il suo tempo per farci conoscere la storia del progetto e com'è ad oggi organizzato: le case di accoglienza (singoli nuclei abitativi gestiti da una “mamma” che accudisce un gruppo di bambini) ed i diversi progetti educativi (scuole che coprono tutto il percorso scolastico fino alla classe XII).

Una veloce ma coinvolgente visita alla Baby Home, dove sono accolti i bambini più piccoli. Nella foto, Rita assieme ad una bimba arrivata da pochi mesi. Anche noi non abbiamo resistito all'abbraccio di questi bimbi!
Ora che ci siamo conosciuti ci auguriamo che questa “connessione” possa mantenersi viva. Abbiamo pensato infatti che sarebbe un'esperienza arricchente per entrambi poter organizzare uno scambio. Quando il freddo e la neve avvolgono Dharamsala, un gruppo di bambini potrebbe farci visita all'ashram; quando il caldo e l'afa attanagliano Varanasi i bimbi del Bal Ashram potrebbero salire ad incontrare nuovi amici sulle montagne himalayane.
Con questo progetto nel cuore auguriamo intanto il meglio a Rita e Paolo ed alla loro grande famiglia.
Torniamo allora alle pianure di Varanasi! Al ritorno all'Ashram abbiamo saputo che ci siamo persi una bellissima giornata con una visita di ospiti speciali!
Grazie al Sig.Vijay Sharma, un signore indiano in pensione che viene regolarmente in visita all'Ashram abbiamo saputo dell'esistenza di un piccolo centro per le donne situato non lontano. Si tratta di un'istituzione governativa dove vivono 16 donne anziane. Sono tutte vedove e non hanno nessuno che si possa prendere cura di loro. Tempo fa l'Ashram aveva partecipato ad una giornata di festa nella loro struttura dove i bambini, accompagnati dal Sig. Sharma, sono andati a piantare delle piantine di tulsi nel loro giardino.
A suo tempo ci si era lasciati con l'intenzione di far loro trascorrere un pomeriggio all'Ashram visto che non escono mai. Così, organizzato il trasporto, le nonne più arzille sono venute a trovarci.

Per la loro visita non potevano scegliere momento migliore che quello della celebrazione di Navaratri dove la shakti (l'energia  femminile) viene adorata!
Appena arrivate hanno voluto recarsi al
tempio per una preghiera. Poi una bella merenda, servita dai bambini. Hanno apprezzato
moltissimo la compagnia dell'Ashram, dicendo commosse che per loro è stato molto speciale trascorrere un pomeriggio vicino al Gange, il loro amato fiume.
Questo è solo l'inizio! Ci saranno sicuramente altre occasioni di incontro in futuro.
I bambini stanno bene; Bharat si è ripreso completamente dall'intervento. I controlli hanno confermato la buona riuscita dell'operazione e passata la “paura” dobbiamo adesso rincorrerlo di gran lena nel giardino prima di riuscire ad acchiapparlo per farsi mettere le gocce di cui avrà ancora bisogno per qualche mese.
I ragazzi più grandi, ascoltando i suggerimenti di un agronomo che lavora regolarmente all'eco park, stanno facendo l'esperimento di coltivare i funghi. E' partito tutto come un gioco più di un mese e mezzo fa ma i risultati sono molto soddisfacenti.....soprattutto per i nostri palati!
In una stanza è stata allestita una piccola fungaia: bozzoli di paglia compressa con strati alternati di spore di funghi. Ramesh e Vishvanath se ne prendono cura tenendoli al coperto e perennemente umidi. Il primo raccolto è andato bene. In futuro potrebbe essere un progetto da riproporre su scala più ampia nell'eco park.
A scuola tutto bene. Oltre allo studio ed ai consueti giochi noi rimaniamo sempre colpiti dal vedere la creatività ed abilità manuale dei bambini. 

Come Amit e Suraj che in quattro e quattr'otto si sono rimessi a nuovo una bicicletta che era completamente distrutta....
Diversi raccolti, soprattutto i cavolfiori ed i piselli, sono in fiore e così le api a breve torneranno all'eco park dopo mesi di permanenza nel giardino dell'ashram. Questi meravigliosi animaletti ci mancheranno molto. Soprattutto lo speciale appuntamento mattutino, quando, dopo la puja allo Shiva Lingam, è dolcissimo vederle arrivare per bere l'acqua versata e succhiare il nettare dei fiori offerti!
A presto dal Bal Ashram – Lorenzo e Camilla

venerdì 16 novembre 2012

Newsletter della RIVE.

Terra nuova

Newsletter n.29 della Rete italiana villaggi ecologici - RIVE



Questa newsletter è stata inviata a 4040 persone.
Un autunno caldo ed intenso per la Rete italiana dei villaggi ecologici: in soli due mesi, i volontari dell'associazione hanno partecipato a 10 convegni, appoggiato attraverso partenariato 3 progetti ("Quale futuro per lo zambra?" www.zambracalci.it, "La coltivazione dell’acqua" del Giardino della gioia e Ecovillaggio Vallesanta, Casentino) e svolto 2 campi di 4 giorni ciascuno, dedicati ai nuovi progetti e alla Rete Sud.
Dalla Conferenza sulla Decrescita a Venezia, al Conero EcoFestival, alle spiagge della Puglia fino all'AltroFest delle Piagge a Firenze, passando poi per Padova e per tornare al Social Forum 10+10 di Firenze, sono solo alcuni degli itinerari che abbiamo percorso per essere presenti e FARE RETE.
Siamo soddisfatti di tutte le manifestazioni, più o meno partecipate, ma sempre permeate di accoglienza, scambio e scoperta reciproca.
La scelta di partecipare a tutti questi eventi permette alla RIVE di compiere la propria missione, seguire il proprio progetto, il proprio sogno. Chi ha letto lo Statuto dell'associazione, sa bene che l'obbiettivo è tutt'altro che fare proselitismi: si tratta semplicemente di raccontare delle realtà che gli ecovillaggi vivono quotidianamente, che non è un sogno o un'utopia vivere diversamente, ma che si può, e qualcuno lo fa da decenni. Si tratta di raccontare che anche in un Paese come l'Italia si può vivere senza mafie, ladri, ipocri! ti e speculatori. Si tratta di stimolare la curiosità e di ricordare che ognuno di noi, ha tutte le potenzialità e le capacità per stare bene, di cambiare la propria vita nella direzione della qualità, piuttosto della quantità. In meglio.
E noi siamo qui, al massimo della nostra disponibilità di tempo libero, per fornire spunti e qualche possibile soluzione.
Per quanto cerchiamo sempre di ottimizzare i trasporti (carsharing) e di viaggiare con i mezzi pubblici o con mezzi privati a metano, il fattore spostamento incide molto sulla cassa RIVE, che ha la sua entrata principale solo una volta l'anno, al campo estivo. Questa deve provvedere a pagare i rimborsi viaggio per le assemblee dei soci (4 volte l'anno, destinata a pagare un membro rappresentante per ogni ecovillaggio), in parte delle riunioni del direttivo (una ogni due mesi circa), per anticipare la spesa per l'allestimento dei campetti e del raduno nazionale e per partecipare a quei con! vegni di piccole associazioni che non si possono permettere di darci il rimborso.
I soci che prestano servizio volontario a Rive non percepiscono alcun minima ricompensa. Rive ritiene quindi equo fornire il rimborso viaggio per non gravare ulteriormente sui volontari che donano già molte delle loro giornate. Capite bene, però, che più aumenta l'impegno, più sarà difficile per la cassa garantire il supporto economico...
Per questo, vi lanciamo una proposta:
Se condividete i principi della RIVE, considerate utile la nostra azione sul territorio nazionale, se volete sostenere gli ecovillaggi ed i nuovi progetti che sorgono numerosi in tutte le parti d'Italia, se credete che il nostro impegno sia rivolto al benessere degli esseri viventi e della nostra Terra, aiutateci a garantirci lo svogimento delle attività versando un contributo volontario, sulla carta postepay numero 4023 6006 2862 2039 intestata ad Alfredo Camozzi.
La RIVE ringrazia e saluta ognuno di voi, con gioia,
Francesc! a Guidotti
In questo numero:
  • Ambiente, intercultura, giovani ed ecovillaggi
  • Video Terra Futura 2012, Upacchi, il villaggio ecologico.
  • Suggestioni d’Africa: benvenuti a Conakry
  • A scuola di felicità
  • Il circolo del sogno...per progettare l'ecovillaggio
  • Festival olistico Nuova Era
  • Luoghi per progettare un ecovillaggio
Ambiente, intercultura, giovani ed ecovillaggi
Resoconto del campo internazionale per i giovani "la Tana del Bianconiglio", svoltasi a Reggioli, progetto di ecovillaggio socio Rive, a cura dell'associazione Paradiso Ritrovato, a sua volta socia Rive. Leggi tutto.
Video Terra Futura 2012, Upacchi, il villaggio ecologico.
Continua la visione del video-documentario del convegno sull'abitare sostenibile a Firenze nel Maggio 2012. Video e montaggio di Martina Rafanelli.
Vedi.
Suggestioni d’Africa: benvenuti a Conakry
Diario di viaggio di Emilia Scarpone, socia Rive, alla scoperta della Guinea. Un incontro tra una donna, l'Africa e la voglia di dare una mano. Leggi tutto.
21 Novembre 2012, "A scuola di felicità" ore 20.30, Schio, Vicenza
Incontro promosso dall'associazione San Rocco Community. Clicca qui per ulteriori informazioni.
24 e 25 Novembre 2012, "Il circolo del sogno...per progettare l'ecovillaggio", a Candeggio, Città di Castello (PG).
Ultimo fine settimana aperto a chi si vuole unire al gruppo di progettazione, che seguirà le coordinate del Dragon Dreaming. Vedi programma.
21-22-23 Dicembre 2012 "Festival olistico Nuova Era" alla Città della Luce, Passo Ripe, Ancona.
Un appuntamento articolato e curioso, per conoscere il luogo, la comunità, le sue caratteristiche e la Rete degli ecovillaggi. Maggiori informazioni.
Avvisi da Alfredo Camozzi, ex presidente RIVE.
1 -Il Comune di Colle di Val d'Elsa, vicino Siena, mette in vendita Podere Fabbiano, un complesso comprendente 15 ettari di terreno a 3km da Colle medievale, e una casa colonica libera da novembre, con quattro o cinque annessi grandi in pietra (fienile, stalle magazzini tutt'ora coperti), per 900.000 euro. Il luogo mi ha fatto un'impressione estremamente positiva, non solo per la bellezza (da lì si gode una vista stupenda su San Gimignano e le sue torri), ma soprattutto perchè ha tutto quello che può servire ad un progetto di ecovillaggio: edifici capaci, una volta sistemati, di ospitare un nucleo numeroso, secondo me fino a venti persone, oliveta, terre coltivabili, bosco. L'assessore Lenzi Mauro del Comune di Colle di Val d'Elsa ch mi ha invitato a visitarlo mi ha detto che preferirebbe che fosse un gruppo intenzionale ad acquistarlo piuttosto che un privato qualsiasi, in quanto desidererebbero qualificare l'area con progetti sostenibili. C'è già in loco un gruppo che! desidererebbe acquistarlo, ma non ha le risorse necessarie, per cui sta pensando ad un cohousing urbano sempre a Colle, in parte finanziato dalla Regione Toscana. Entrambe le proposte mi sono sembrate interessanti e potrebbero interessare singoli o gruppi intenzionati ad intraprendere la strada dell'ecovillaggio o del cohousing. Lascio qui i numeri telefonici sia del gruppo locale (Pierluigi Patricolo 3456048785) sia dell'Assessore (Mauro Lenzi 3346709419) oppure telefonare al numero del Comune di Colle di Val d'Elsa.
Per chi fosse intenzionato di avere informazioni più dettagliate sul podere basta che vada sul sito del Comune di Colle di Val d'Elsa e cerchi Podere Fabbiano.
2- C'è un terreno ed una casa abbandonati, presso Piancastagnaio in provincia di Siena sull'Amiata (700 m), che possono essere in vendita o in concessione per un ecovillaggio. Si tratta di una casa ristrutturata nel 2000 ma in stato di abbandono (intemperie, ladri) e di 55 ettari di terre! no bosco seminativo e pascolo. La località è Cornazzano di Piancastagnaio e bisogna contattare Tiziana Pietrangeli 347 1867231. Era un agriturismo e si può vedere su google. E-mail abetterstay@molink.it
Avviso: Ciao a tutti, sono Christian, mi sono trasferito in abruzzo da circa un'anno, vicino a Vasto, dove ho comprato 5 ha di terreno abbandonato che ho reso di nuovo accessibili, con una strada, un laghetto per l'irrigazione dell'orto anche d'estate) e un piccolo edificio parzialmente ristrutturato con acqua potabile, che ora uso come stalla e deposito degli attrezzi.
Sono buddista zen e seguo la filosofia di Fukuoka, ma non disdegno affatto anche tutti gli altri modi bio con cui le persone si relazionano alla natura: ognuno sente in modo diverso. Cerco persone con cui condividere uno spazio grande, incontaminato,vergine da almeno 40 anni, che come il mio è stato abbandonato, che acquistino terra vicino a me o condividino la mia, per cominciare assieme un progetto di eco-villaggio.Oltre alla collaborazione offro la disponibilità gratuita della casa, del lago, e della mia esperienza, ma solo a persone o gruppi convinti, un po' cazzuti, che condividano il rispe! tto della natura e degli altri individui. Per contatti: christianschwarz@libero.it

martedì 13 novembre 2012

LUNA NUOVA -- martedì 13 novembre -- da Ajahn Munindo.

Chi conosce la libertà
di aver abbandonato
il fardello dell’attaccamento
al corpo-mente
lo chiamo un grande essere.

  Dhammapada strofa 402

È una fortuna avere amici affidabili, essere sani e aver ricevuto una
buona istruzione. È certamente una fortuna aver incontrato gli
Insegnamenti spirituali che ci indicano una via attraverso le paludi
della confusione. Sarebbe una fortuna anche più grande se riuscissimo
ad arrenderci agli Insegnamenti e a fare esperienza dell’abbandono di
tutti i nostri pesi. Nello stesso tempo, questi cosiddetti pesi non
vanno visti come qualcosa di sbagliato. Può sembrare che ostacolino il
nostro progresso sul sentiero; ma possono anche esserci d’aiuto. In
realtà, sono la naturale conseguenza dell’inconsapevolezza e si
manifestano ogni volta che ci attacchiamo al corpo/mente. Il Buddha
viveva con illimitata consapevolezza, libera da ogni attaccamento.
Arrendersi ai suoi Insegnamenti non significa solo non girare le
spalle agli apparenti ostacoli ma anche studiarli, con interesse, con
disponibilità, fino a vederli come la fantasia che in effetti sono.

Con Metta,

Bhikkhu Munindo

(Ringraziamenti a Chandra per la traduzione)

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Santacittarama
Monastero Buddhista
02030 Frasso Sabino (RI) Italy

Tel:  (+39) 0765 872 186  (7:30-10:30, eccetto il lunedì)
Fax: (+39) 06 233 238 629

sangha@santacittarama.org
(alternativa): santa_news@libero.it


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www.forestsangha.org (portal to wider community of monasteries)
www.forestsanghapublications.org (books, e-books and audio files)

mercoledì 7 novembre 2012

Parlare di libertà ed essere liberi sono due cose diverse.

Dialogo memorabile del film Easy Rider. Tutto da riflettere...ma non troppo!
Buona microvisone


Da Thoreau fino a LiquidFeed Back e ai Social Media, passando per la Comune di Ovada. Visi, sorrisi, note di chitarra e ME/WE.

Di seguito, un articolo di Fabrizio Bellavista, consulente New Media, Partner Psicoresearch ed uno dei fondatori della Comune di Ovada.

Parto subito dalle emozioni che sono quelle che più restano nel profondo: dell'esperienza nella Comune di Ovada – ero (avevo il nick name fritz) nel primo gruppo che ha rimesso a posto la cascina La Binella insieme a Guido, Oscar e Patrick - mi ricordo gli odori del bosco, lo stupore davanti a tanta natura così vicina e selvaggia, i rumori che si sentivano durante la notte, il profumo della legna del forno per il pane, il senso di 'perdita e vuoto' prima di addormentarmi, il sapore del primo pane fatto (duro, insipido ma per noi stupendo), il freddo tremendo che mi costringeva ad avvolgere il sacco a pelo con una coperta, la fame che ci attanagliava nei primi mesi, il nostro vicino (cascina sulla sinistra guardando la valle), le note della chitarra di Oscar e di Ombra e molti altri suoni che, all'improvviso, si levavano dai posti più impensabili della valle... ecco i tocchi diversi delle chitarre hanno sempre scandito la mia esperienza psichedelica (quelli di Picchio erano indimenticabili) quasi come se si trattasse di una specie di filo di arianna - uno dei fili di arianna, almeno - di quei momenti. E poi la netta sensazione che stavo vivendo qualcosa che era ancora da venire. Mi dimenticavo: i sorrisi e i volti dei primi esploratori arrivati con me e di molti di quelli che vennero in seguito, almeno fino a giugno, quando decisi di partire per l'Africa insieme ad il Rosso. Avevamo capito che il periodo più bello (ma anche il più semplice - semplice, non facile!) stava finendo. Ero, come si dice - eccitato e consapevolmente stupito che qualcosa di nuovo usciva fuori dal cilindro della vita anche grazie al mio esistere ma, comunque, il tutto vissuto come.... 'quotidiano', quasi normale. Quindi lasciammo La Comune prima dei grandi sconvolgimenti: posso dire che ne ho vissuto i momenti più belli e luminosi con la brezza dell'estate in arrivo. Ho visto nascere due orti, arrivare galline,capre e mucche ed infine un trattore affittato per arare e poi seminare le patate... Hendrix suonava da tempo 'Are you experienced?'. Un saluto alla Binella, alla Prugna Gialla (era la più artistica, con una ramo di quercia che entrava per tre metri dentro la sala più grande, un vera opera di architettura spontanea alla Lloyd Wright ) e all'Isola mentre preparavo le mie cose per partire. Nell'aria, percepibili, i primi segni di cattivi presagi. Mi preparavo anche, in un certo senso, ad allontanarmi da molti dei miei compagni di viaggio di quel periodo e dal movimento stesso. Un'ultima manciata di ricordi: il pranzo di pasqua con tredici persone sedute all'aperto che guardavano stupite una valle davanti a noi, per noi; lo stagliarsi al vento con attaccate, sul corpo, strisce di preghiere tibetane che volavano libere; la capanna costruita con le canne di bambu, quasi un eremo da vivere in solitario (come se non avessimo abbastanza da fare con le cascine che si moltiplicavano di giorno in giorno...); lavare i piatti, a turno, giù nel torrente ghiacciato avendo a disposizione, come detersivo, solo cenere avanzata dai fuochi, il suono di un flauto proveniente da una montagna più in la. E questi ricordi si sovrappongono a moltissimi altri di prima di Ovada: la musica incredibile che girava dappertutto ('Come le foglie', me li ricordo ancora ad un angolo di via Madonnina, come anche un gruppo di giovanissimi dal nome sintomatico e subito scomparsi, i Supermarket - qualcuno se li rammenta?); e poi una ragnatela di Case Comuni in cui ho vissuto: in via Canonica, quella di via Adelchi e quella di via Nullo e tante altre. E molta arte: Mitzio, straordinario nei video e nella pittura, molti i fogli (cianografiche) e i giornali psichedelici (“psiche” e “delos” = apertura della mente), l'incontro con Allen, le opere di Matteo, vero narratore omerico di quei giorni e di Kapa, più (o)scuro, invece.

Per dirla con parole seriose: l'era dell'IO iniziava, anche se lentissimamente, a lasciare il posto all'era del NOI.

1970-2012. ME/WE?

E' incredibile come il processo di maturazione degli accadimenti sia lungo, quasi senza fine. Guai a chi si pone in una condizione di 'attesa', porta male: il tempo non passa mai come se si vivesse all'interno di un romanzo/incubo tipo 'Il deserto dei tartari' di Dino Buzzati. Le cose accadono meglio e più velocemente se nessuno le sta a guardare, quasi fossero timide :-).
Anche le troppe parole frenano la vita, la distolgono; le immagini, poi 'Rubano l'anima'. Come anche i ricordi, se si indugia troppo. Le ricorrenze mi annoiano a morte, i meeting tra ex combattenti ancora di più e il parlare di me stesso, alla lunga, mi deprime un po'.
E' meglio, allora, chiudere questo breve tuffo nel passato e ritornare a vivere in diretta :-). Un mondo intero si sta connettendo e ha deciso di co-creare, in qualche modo, in modi diversi, in molti modi possibili.

Ci sono nuovi visi carichi di un sacco di entusiasmo e, in molti, c'è la sana voglia di condividere il proprio lavoro e tutta o parte della propria vita verso il nuovo. L'arrivo delle nuove piattaforme (semplici e quasi banali dal punto di vista tecnologico), come la LiquidFeedBack berlinese, stanno rivoluzionando il concetto di democrazia e governo (non solo della cosa pubblica): insieme alle moltissime tecnologie sharing applicate alle decisioni aziendali ed ai tantissimi tipi di social network costituiscono il 'sign of the time', il sistema nervoso un nuovo mo(n)do.

Sempre e solo se il cielo lo vorrà, naturalmente, al netto di 'crisi economiche', 'papi neri', 'invasioni di cavallette' e 'mattacchioni con bombe atomiche tascabili'.

Fabrizio Bellavista

Segue un'intervista per conoscerlo meglio


martedì 6 novembre 2012

Bioregionalismo psicospirituale - Coscienza ed energia nello spazio e nel tempo.

Mi sembra giusto condividere un bel post dell'amico Paolo D'Arpini (nonchè autore, assieme alla compagna Caterina Regazzi, del testo Vita senza tempo, con la Viverealtrimenti Editrice), presente sul blog di un'auspicata Rete delle Reti, fondato collettivamente nel corso dell'incontro bioregionale diel giugno 2011.
Buona lettura!

Secondo tutte le religioni e filosofie, ed anche secondo la moderna scienza, è il movimento, l’azione o mutazione, che crea il mondo. L’energia sprigionata attraverso il cambiamento sopraggiunto nel “quid” originario statico si è propagata in uno svolgimento, apparentemente infinito, che utilizza i canali conduttori dello spazio e del tempo.
Secondo questa teoria della creazione graduale dell’universo si immagina un “inizio” chiamato Big Bang (il grande botto) in cui la concentrazione energetica statica giunge ad una fase critica di incontenibilità e ne consegue un collasso che è poi l’inizio dello spazio tempo e coincide con la proiezione manifestativa in cui l’energia assume forma gradualmente. La gradualità e continuità della creazione viene misurata attraverso un “aspetto” che sempre accompagna, potremmo anche dire registra, il processo creativo. Questo aspetto è immanente e trascendente ed è la coscienza, la quale è parte integrante, una sorta di sapore o qualità intrinseca, dello svolgimento energetico in corso.
Coscienza ed energia sono insomma la stessa cosa, come il tempo e lo spazio che appaiono e coesistono complementariamente. Senza la durata nel tempo e l’espansione nello spazio nulla potrebbe manifestarsi e senza la coscienza e l’energia nessuna manifestazione avrebbe significato od esistenza. Per questa ragione è impossibile scindere la manifestazione dalla consapevolezza che la sancisce.
Ogni elemento, essendo la trasformazione nell’infinita possibilità dei movimenti energetici nello spazio tempo, conserva una specifica memoria (od intelligenza) che è necessaria alla coesione della sua sostanza, o stato di mutazione energetica (se vogliamo usare una terminologia metafisica). Questo procedimento di psicosomatizzazione dell’esistente viene impresso contemporaneamente in una sorta di “negativo” che corrisponde alla formula rispetto al procedimento sperimentale.
Ma non è solo descrizione è anche substrato, è forza costituente che permette al tutto manifesto di mantenere una forma ed un nome, insomma gli fa continuare una specifica identità energetica.
Da qui anche il concetto di “psicostoria”, che non è altro che la memoria progettuale costituente i fenomeni, la quale resta impressa nei risultati stessi della fenomenologia attiva: i processi vitali. Perciò la storia non è quella scritta sui libri, quella dei libri è solo una documentazione ingannevole, parziale e soggettiva che descrive gli aspetti vissuti da alcuni testimoni, od ascoltatori dei testimoni. La storia come noi la conosciamo è una traballante pseudo-verità raccontata e corroborata (a fini speculativi) dai suoi redattori. Quella che chiamiamo storia è al meglio la descrizione di un immaginifico realistico condiviso (più o meno) da molti (comunque un numero limitato di persone).
Ma la verità non può essere parziale, come non può essere sminuzzata l’integrità della nostra esistenza corporea. Nel senso che non possiamo dire “questo organo o questa appendice non mi appartiene od è inutile, i capelli le unghie ed i peli non sono importanti perché crescono e vengono eliminati senza eccessivo danno…” o simili facezie. Infatti anche se usiamo quasi sempre la destra per il nostro agire abbiamo bisogno anche della sinistra, se diventiamo calvi lo consideriamo un difetto, se le unghie si spezzano anche le dita ne soffrono, etc. Insomma la verità storica dovrebbe corrispondere ad un’interezza e questa interezza viene data solo da quella memoria sottile che resta impressa nelle forme in continua mutazione fenomenica.
Questo “ricordo” a livello vitale viene definito DNA ed a livello psichico io lo chiamo “psicostoria”, ovvero la capacità di lettura attraverso la memorizzazione automatica, la registrazione contabile, presente nell’insieme dei processi vitali coinvolti negli eventi. E siccome non esiste separazione alcuna in qualsivoglia processo vitale, che si manifesti con il nostro diretto coinvolgimento oppure con uno indiretto, e qui faccio ancora l’esempio del corpo umano in cui se vengono ad esempio persi i denti questo fatto coinvolge anche tutti gli altri organi ed appendici, dalla testa ai piedi. Senza denti si deteriora l’alimentazione, l’individuo perde la capacità aggressivo-difensiva, etc. etc. insomma ogni elemento vitale viene influenzato. Ciò logicamente succede anche per gli eventi sulla faccia del pianeta: una bomba atomica in Siberia influisce sulle condizioni ambientali dell’Antartide….
Infine se vogliamo conoscere la storia, quella vera, è necessario intromettersi nel magazzino della funzione mnemonica vitale, che è presente comunque in chiave olistica ed olografica in ognuno di noi.
In India questo magazzino si chiama Akasha, Jung lo chiamò Inconscio collettivo, gli esoteristi lo chiamano Aura della Terra.
Come fare ad attingere a questo archivio misterioso e sempre presente?
La risposta sta nella domanda stessa… Come fa l’acqua a conoscere l’acqua? Come fa il fuoco a conoscere il fuoco? Come fai a conoscere te stesso?
Essendolo…! Unicamente essendolo… Non come un osservatore che guarda bensì come sostanza costituente dell’andamento energetico in corso. Spogliandosi quindi della separazione che ci impedisce di percepire l’insieme di cui siamo parte integrante. Infatti coloro che sono dotati di preveggenza o medianità possono percepire questa “memoria” totale del grande magma dell’esistenza solo sciogliendosi in quella “memoria”. Ovvero rinunziando alla piccola memoria separativa dell’ego che porta ad identificarci con la singola molecola del processo vitale ed a descrivere l’esistente nello stretto ambito del percettibile, limitato alla presenza circoscritta. Il che è spesso quel che avviene nella storia ufficiale o nella filosofia o religione o scienza empirica.
Veramente il discorso era un altro, avrei voluto parlare di energia solare e della sua captazione utile ai nostri processi vitali… e sociali ma ora capisco che è troppo tardi, almeno per questa volta!

Paolo D’Arpini
Rete Bioregionale Italiana