TRANSUMANZA

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mercoledì 7 novembre 2012

Da Thoreau fino a LiquidFeed Back e ai Social Media, passando per la Comune di Ovada. Visi, sorrisi, note di chitarra e ME/WE.

Di seguito, un articolo di Fabrizio Bellavista, consulente New Media, Partner Psicoresearch ed uno dei fondatori della Comune di Ovada.

Parto subito dalle emozioni che sono quelle che più restano nel profondo: dell'esperienza nella Comune di Ovada – ero (avevo il nick name fritz) nel primo gruppo che ha rimesso a posto la cascina La Binella insieme a Guido, Oscar e Patrick - mi ricordo gli odori del bosco, lo stupore davanti a tanta natura così vicina e selvaggia, i rumori che si sentivano durante la notte, il profumo della legna del forno per il pane, il senso di 'perdita e vuoto' prima di addormentarmi, il sapore del primo pane fatto (duro, insipido ma per noi stupendo), il freddo tremendo che mi costringeva ad avvolgere il sacco a pelo con una coperta, la fame che ci attanagliava nei primi mesi, il nostro vicino (cascina sulla sinistra guardando la valle), le note della chitarra di Oscar e di Ombra e molti altri suoni che, all'improvviso, si levavano dai posti più impensabili della valle... ecco i tocchi diversi delle chitarre hanno sempre scandito la mia esperienza psichedelica (quelli di Picchio erano indimenticabili) quasi come se si trattasse di una specie di filo di arianna - uno dei fili di arianna, almeno - di quei momenti. E poi la netta sensazione che stavo vivendo qualcosa che era ancora da venire. Mi dimenticavo: i sorrisi e i volti dei primi esploratori arrivati con me e di molti di quelli che vennero in seguito, almeno fino a giugno, quando decisi di partire per l'Africa insieme ad il Rosso. Avevamo capito che il periodo più bello (ma anche il più semplice - semplice, non facile!) stava finendo. Ero, come si dice - eccitato e consapevolmente stupito che qualcosa di nuovo usciva fuori dal cilindro della vita anche grazie al mio esistere ma, comunque, il tutto vissuto come.... 'quotidiano', quasi normale. Quindi lasciammo La Comune prima dei grandi sconvolgimenti: posso dire che ne ho vissuto i momenti più belli e luminosi con la brezza dell'estate in arrivo. Ho visto nascere due orti, arrivare galline,capre e mucche ed infine un trattore affittato per arare e poi seminare le patate... Hendrix suonava da tempo 'Are you experienced?'. Un saluto alla Binella, alla Prugna Gialla (era la più artistica, con una ramo di quercia che entrava per tre metri dentro la sala più grande, un vera opera di architettura spontanea alla Lloyd Wright ) e all'Isola mentre preparavo le mie cose per partire. Nell'aria, percepibili, i primi segni di cattivi presagi. Mi preparavo anche, in un certo senso, ad allontanarmi da molti dei miei compagni di viaggio di quel periodo e dal movimento stesso. Un'ultima manciata di ricordi: il pranzo di pasqua con tredici persone sedute all'aperto che guardavano stupite una valle davanti a noi, per noi; lo stagliarsi al vento con attaccate, sul corpo, strisce di preghiere tibetane che volavano libere; la capanna costruita con le canne di bambu, quasi un eremo da vivere in solitario (come se non avessimo abbastanza da fare con le cascine che si moltiplicavano di giorno in giorno...); lavare i piatti, a turno, giù nel torrente ghiacciato avendo a disposizione, come detersivo, solo cenere avanzata dai fuochi, il suono di un flauto proveniente da una montagna più in la. E questi ricordi si sovrappongono a moltissimi altri di prima di Ovada: la musica incredibile che girava dappertutto ('Come le foglie', me li ricordo ancora ad un angolo di via Madonnina, come anche un gruppo di giovanissimi dal nome sintomatico e subito scomparsi, i Supermarket - qualcuno se li rammenta?); e poi una ragnatela di Case Comuni in cui ho vissuto: in via Canonica, quella di via Adelchi e quella di via Nullo e tante altre. E molta arte: Mitzio, straordinario nei video e nella pittura, molti i fogli (cianografiche) e i giornali psichedelici (“psiche” e “delos” = apertura della mente), l'incontro con Allen, le opere di Matteo, vero narratore omerico di quei giorni e di Kapa, più (o)scuro, invece.

Per dirla con parole seriose: l'era dell'IO iniziava, anche se lentissimamente, a lasciare il posto all'era del NOI.

1970-2012. ME/WE?

E' incredibile come il processo di maturazione degli accadimenti sia lungo, quasi senza fine. Guai a chi si pone in una condizione di 'attesa', porta male: il tempo non passa mai come se si vivesse all'interno di un romanzo/incubo tipo 'Il deserto dei tartari' di Dino Buzzati. Le cose accadono meglio e più velocemente se nessuno le sta a guardare, quasi fossero timide :-).
Anche le troppe parole frenano la vita, la distolgono; le immagini, poi 'Rubano l'anima'. Come anche i ricordi, se si indugia troppo. Le ricorrenze mi annoiano a morte, i meeting tra ex combattenti ancora di più e il parlare di me stesso, alla lunga, mi deprime un po'.
E' meglio, allora, chiudere questo breve tuffo nel passato e ritornare a vivere in diretta :-). Un mondo intero si sta connettendo e ha deciso di co-creare, in qualche modo, in modi diversi, in molti modi possibili.

Ci sono nuovi visi carichi di un sacco di entusiasmo e, in molti, c'è la sana voglia di condividere il proprio lavoro e tutta o parte della propria vita verso il nuovo. L'arrivo delle nuove piattaforme (semplici e quasi banali dal punto di vista tecnologico), come la LiquidFeedBack berlinese, stanno rivoluzionando il concetto di democrazia e governo (non solo della cosa pubblica): insieme alle moltissime tecnologie sharing applicate alle decisioni aziendali ed ai tantissimi tipi di social network costituiscono il 'sign of the time', il sistema nervoso un nuovo mo(n)do.

Sempre e solo se il cielo lo vorrà, naturalmente, al netto di 'crisi economiche', 'papi neri', 'invasioni di cavallette' e 'mattacchioni con bombe atomiche tascabili'.

Fabrizio Bellavista

Segue un'intervista per conoscerlo meglio