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domenica 20 dicembre 2009

Dopo Copenaghen: potenziare il network degli ecovillaggi!

Il summit sul clima a Copenaghen e’ stato, a detta di molti, “un fiasco totale”. Obama, dal canto suo, nobilita quel che e’ stato ottenuto, parla di “storico accordo con Cina, India, Brasile e Sudafrica […] non sufficiente per combattere il cambiamento climatico” ma che rappresenta, comunque, “un importante primo passo”.
L’intesa raggiunta a Copenaghen non menziona alcun dato sui tagli a CO2 né a medio né a lungo termine; l’accordo è stato realizzato solo sui fondi da garantire ai paesi più poveri per investire in tecnologie verdi (“aiuti per 30 miliardi di dollari entro il 2012”).
La frustrazione è, comprensibilmente, palpabile, soprattutto da parte dei paesi maggiormente a rischio per il surriscaldamento del pianeta, l’arcipelago di Tuvalu, nel Pacifico, in testa.
A fronte di questo, Viverealtrimenti cerca, come sempre, di cogliere gli aspetti meno negativi e più promettenti. Questi vengono da uno studio menzionato dal movimento degli ecovillaggi danesi (il Løs) che, in occasione del summit di Copenaghen, ha preparato un bellissimo magazine telematico. Lo studio, realizzato dal Pöyry Group (fondato in Finlandia nel 1958, presto presente, con propri uffici e succursali, in diversi paesi europei, negli Stati Uniti, in Sud America, nel Sud-Est Asiatico ed in Australia e specializzato in consulenza ambientale) ha dimostrato ― cito da un articolo, di Kai Hansen, del magazine ― “che gli ecovillaggi danesi hanno un’emissione del CO2 del 60% inferiore alla media nazionale” (già di per sé esemplare, nella panoramica internazionale). Quello danese è il caso più interessante ma, stando allo stesso studio, tre ecovillaggi presenti rispettivamente negli Stati Uniti, in Ungheria ed in Gran Bretagna possono vantare valori di emissione di CO2 più che dimezzati rispetto alle rispettive medie nazionali.
Il GEN”, scrive Kai Hansen, “ha sempre sostenuto che il cambiamento negli stili di vita è una chiave di volta nella riduzione della pressione sugli ecosistemi senza per questo sacrificare nulla di una buona qualità di vita” (di cui in Danimarca sanno essere maestri).
Il problema del riscaldamento del pianeta e dei contraccolpi ecosistemici del mondo attuale è spaventosamente complesso per additare facili ricette. Tuttavia, credo che, forti di questi dati, gli ecovillaggi possano contribuire sempre di più ad un processo di compatibilizzazione tra benessere e rispetto ambientale. Per questo è importante che lavorino, ogni giorno di più, in rete, che si parli sempre di più delle loro esperienze, che la divulgazione dei loro punti di forza sia sempre più ampia e consistente.
Fritjof Capra, nel corso di un’intervista che ho avuto l’onore di fargli nel 2005, mi disse che, a suo parere, gli ecovillaggi non potevano rappresentare, da soli, una soluzione per il futuro del pianeta ma che potevano essere una buona fonte di ispirazione, con il loro lavoro di avanguardia, per la conversione ecologica di “comunità spontanee” ― borghi, paesi, cittadine —, metropoli e megalopoli e per la promozione di uno stile di vita globalmente più sostenibile.